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ToggleCosa c’è dietro al clamoroso successo della serie Netflix e perché tutti, ma proprio tutti, dovrebbero vederla!
Nulla ha potuto Il Gattopardo contro l’inarrestabile ascesa di Adolescence. La serie Netflix in quattro puntate, sbarcata sulla piattaforma on demand a metà marzo, ha scalzato impietosa la rivisitazione del capolavoro di Tomasi di Lampedusa, raggiungendo in sole due settimane il primato dei sessantasei milioni di telespettatori. Un risultato a dir poco stupefacente quello raggiunto da questa serie britannica, ideata da Jack Thorne e Stephen Graham e diretta da Philip Barantini, che indaga gli effetti del bullismo, del cyberbullismo e l’assimilazione della sottocultura “incel” negli adolescenti, tenendoci incollati allo schermo e lasciandoci alla fine con più domande che risposte (ed è giusto così… ).
Di cosa parla?

Una cittadina britannica come tante viene improvvisamente sconvolta dal ritrovamento del corpo di Katie Leonard, una quattordicenne molto popolare e amata da tutti. Poco dopo, Jamie Miller (Owen Cooper), un ragazzino di tredici anni, viene arrestato con l’accusa di omicidio. La famiglia Miller – il padre Eddie (Stephen Graham), la madre Manda (Christine Tremarco) e la sorella maggiore Lisa (Amélie Pease) – è costretta ad affrontare lo shock dell’accusa contro Jamie e lo stravolgimento devastante della loro quotidianità e di qualunque certezza. La comunità, inizialmente solidale, rapidamente gli si rivolta contro, mentre i media e i social network alimentano teorie e condanne pubbliche ancora prima dell’inizio del processo.
Accanto a Jamie, alla sua famiglia e alla comunità che li circonda si muovono gli investigatori e gli psicologi coinvolti nel caso (Ashley Walters è l’ispettore Luke Bascombe ed Erin Doherty veste i panni di Briony Ariston, la psicologa clinica assegnata al caso di Jamie), che cercano di comprendere come un ragazzino apparentemente “normale” possa essere giunto a compiere un atto di una gravità così inaudita. Jamie è davvero colpevole oppure si tratta di un errore giudiziario?
Perché piace così tanto?

Adolescence è un viaggio inquietante negli abissi dell’adolescenza contemporanea, reso ancora più avvincente dall’uso dei flashback e dalla tecnica dei lunghi piani sequenza (ogni episodio è realizzato in un unico piano sequenza, senza tagli e operazioni di montaggio), che conferisce alla narrazione un ritmo incessante e un’atmosfera angosciante.
Un thriller psicologico, ma anche una riflessione potente e inquietante sulla fragilità dell’adolescenza nel mondo contemporaneo, osservata da molteplici punti di vista. Grazie a una sceneggiatura capace di affrontare temi delicati in modo profondo, ogni episodio mette in discussione sia genitori che figli, mostrando la complessità del contesto in cui nascono, si alimentano ed esplodono i disagi giovanili, imponendo anche una riflessione sulle modalità con cui la devianza adolescenziale viene trattata nella nostra società.
Adolescence ci spalanca di fronte, nel modo più crudo (come d’altronde fa la vita stessa), un mondo che gli adulti di oggi spesso fanno fatica a comprendere, in cui i ragazzi hanno sempre più difficoltà a orientarsi, esprimersi e sentirsi riconosciuti, un mondo su cui, invece, dovremmo concentrare tutta la nostra capacità di osservazione.
I problemi, affrontati in modo estremo nella serie, fanno da specchio alle difficoltà quotidiane che tutte famiglie che hanno un adolescente in casa si trovano a sperimentare ogni giorno, dal bullismo al cyberbullismo, passando per la difficoltà di comunicazione tra generazioni diverse: tematiche che ci sorprendono inadeguati, ma che mai come oggi si pongono in tutta la loro drammatica urgenza.
Owen Cooper, la giovane star che promette grandi cose

Oltre all’argomento e alla tecnica narrativa, al successo strepitoso della serie contribuisce in modo determinante la bravura dell’attore protagonista Owen Cooper, un ragazzo inglese nato a Warrington, una città poco distante da Liverpool, che oggi ha quindici anni (al tempo delle riprese ne aveva quattordici) e che non avrebbe mai immaginato di fare l’attore. Owen, infatti, non è figlio d’arte (la madre è una badante, il papà lavora nell’informatica e i suoi due fratelli maggiori sono elettricisti) e da bambino desiderava diventare un calciatore: fino a quando non ha visto recitare Tom Holland nel film The Impossibile, nel 2012. A partire da quel momento è nata in lui la decisione di iscriversi in un club di teatro a Manchester, che ha iniziato a frequentare quando aveva solo sette anni. Adolescence è il suo primo ruolo di successo, ma presto lo vedremo nel nuovo adattamento di Cime Tempestose, firmato Emerald Fennel, in cui interpreterà il giovane Heathcliff affiancando attori del calibro di Margot Robbie e Jacob Elordi.
Non è escluso poi che Owen possa essere impegnato anche in una seconda serie di Adolescence, eventualità a cui probabilmente gli autori non avevano pensato dall’inizio, ma che si sta configurando all’orizzonte a seguito del successo planetario (e inaspettato) della serie.
Adolescence è basato su una storia vera?

Come ha ricordato il regista Philip Barantini, nel Regno Unito si assiste a un’escalation di crimini di genere messi in atto da adolescenti, ma la serie Adolescence non è basata su un reale caso di cronaca. Piuttosto prende spunto da una moltitudine di crimini reali perpetrati da giovanissimi. Stephen Graham, che oltre a interpretare il ruolo del padre del protagonista è anche co-sceneggiatore della serie insieme a Jack Thorne, ha raccontato: «C’è stato un incidente in cui un ragazzo – presumibilmente – ha pugnalato una ragazza. Mi ha scioccato. Stavo pensando: “Cosa sta succedendo? Che cosa sta accadendo in una società in cui un ragazzo pugnala a morte una ragazza? Qual è il fattore di istigazione in questo caso?”. E poi è successo ancora, e poi di nuovo ancora. Volevo davvero solo fare luce su questo argomento e porre la questione “Perché sta accadendo? Cosa succede? Come siamo arrivati a questo?”».
5 cose che Adolescence ci insegna e su cui è fondamentale riflettere

Ogni genitore che abbia visto Adolescence si è posto la stessa angosciosa domanda: cosa possiamo e dobbiamo fare nel concreto per offrire ai nostri figli un’adolescenza sana e proteggerli dal rischio di diventare protagonisti delle dinamiche atroci narrate nella serie?
Ci viene in aiuto Álvaro Bilbao, neuropsicologo e psicoterapeuta spagnolo, autore di Come funziona il cervello di un adolescente – Consigli per prepararsi alla vita adulta.
“Essere genitori di figli adolescenti significa affrontare sfide quotidiane, ma anche avere l’opportunità di aiutarli a crescere nel modo migliore possibile”, ha dichiarato il neuropsichiatra nell’intervista rilasciata a ilLibraio.it, invitandoci a non lasciare soli i nostri figli nel mondo digitale, ad ascoltarli e proteggerli, non sottraendoci al quel ruolo di punto di riferimento di cui hanno un imprescindibile bisogno.
Sono cinque le riflessioni fondamentali proposte dal dottor Bilbao e che tutti i genitori di adolescenti dovrebbero fare proprie.
1) Un bambino di 13 anni non dovrebbe avere Instagram
“Ripetere che i ragazzi non dovrebbero avere il loro primo telefono prima dei 14 anni è ormai inutile in una società in cui a 12 anni si dà per scontato che i giovani debbano essere online. Tuttavia, c’è un messaggio che molti genitori ignorano: il telefono non deve essere un “tutto o niente”. Avere uno smartphone non significa necessariamente averne accesso ogni giorno o poter usare tutte le app… Per questo consiglio sempre ai genitori di far iniziare i ragazzi con WhatsApp, che è più controllato, meno esposto e più facile da gestire. Solo dopo aver verificato che lo utilizzano in modo responsabile e aver superato la fase più instabile dell’adolescenza (intorno ai 15 anni), si può considerare l’uso di social più complessi come Instagram o TikTok. Telegram, invece, dovrebbe essere riservato ai maggiorenni, poiché è un social senza alcun controllo, dove i ragazzi possono facilmente trovare contenuti pericolosi su autolesionismo, suicidio o disturbi alimentari”.
2) Tutti gli adolescenti hanno segreti
“Quando un bambino entra nell’adolescenza, sviluppa un mondo interiore segreto e inaccessibile. In questo spazio nasconde fantasie sessuali, paure profonde e desideri che spesso gli causano vergogna… Anche se ci saranno sempre cose che non condivideranno, possiamo fare molto per mantenere la comunicazione il più aperta possibile e avere almeno un’idea di come si sentono. Cenare insieme ogni giorno, conoscere i loro amici, parlare con loro spesso e controllare occasionalmente il loro telefono può essere d’aiuto. Non per invadere la loro privacy, ma per far capire che, come genitori, abbiamo il diritto e il dovere di supervisionare il loro benessere”.
3) Se un adolescente va a dormire senza dire “buonanotte”, c’è un problema
“I piccoli gesti parlano delle cose più importanti. Dire “buonanotte” non è solo una formalità, ma un segno di legame, rispetto e connessione emotiva… Quando questi gesti scompaiono, è il momento di chiedersi se il legame affettivo si stia indebolendo, se la disconnessione emotiva stia diventando la norma in casa o se nostro figlio è davvero offline quando crediamo che lo sia”.
4) Nessun adolescente dovrebbe dormire con il telefono o il computer in camera
“Dormire con il cellulare accanto non solo ritarda la produzione di melatonina e il sonno, ma disturba i cicli di riposo e li porta a svegliarsi troppo presto, eccitati all’idea di controllare i social. In circa il 50 percento dei casi di violenza adolescenziale registrati, l’uso compulsivo degli schermi è un fattore presente… Molti genitori pensano che i loro figli dormano, ma in realtà continuano a navigare online in un mondo che non si ferma mai. Questo influisce sul rendimento scolastico, sul riposo e sulla regolazione emotiva.
5) Se un adolescente vi manca di rispetto, è un segnale d’allarme
“Nessun adolescente arriva a colpire un genitore o a essere aggressivo senza preavviso. La violenza segue sempre una progressione. Il rispetto si impara in famiglia, giorno dopo giorno, attraverso il nostro linguaggio, i limiti che poniamo e la nostra coerenza. Oggi molti genitori hanno paura di imporre regole, temendo di ripetere i metodi autoritari del passato. Ma non mettere limiti è un grave errore, forse il peggiore che si possa fare con un adolescente. L’adolescenza può giustificare reazioni emotive intense, ma non deve mai giustificare la mancanza di rispetto, gli insulti o la violenza”.
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