
L'amore che sfida le bugie
Antonella Boralevi è tornata in libreria con L’amore può succedere, la sua trentesima fatica. Alla base di quest’opera, una missione: smascherare la più grande menzogna che ci abbiano mai raccontato sui sentimenti e che, secondo l’autrice, è il fondamento del patriarcato: «Ho scritto questo romanzo perché anche io sono stata cresciuta in questa bugia sull’amore e ne ho sofferto. Molte donne l’hanno patita sulla loro pelle e spero che le ragazze di oggi almeno ne siano libere». Ma di cosa si tratta? Ne abbiamo parlato con lei…

Elisabeth e Clementina sono due donne di epoche diverse, ma sembrano essere unite da un filo invisibile. Qual è il significato più profondo di questa connessione temporale e come ha sviluppato questa relazione tra passato e presente?
«Sono d’accordo con gli ultimi studi che confermano ciò che diceva Jung: le anime sono in connessione tra loro. Spesso, senza parole, entriamo in sintonia con qualcuno che magari nemmeno conosciamo, a volte anche con chi è vissuto anni prima attraverso un’opera d’arte o una musica. L’idea di fondo è che siamo tutti connessi».
Nel romanzo si esplora un’idea di amore viscerale, capace di sconvolgere e trasformare. Cosa significa per lei “l’amore che ti strappa la pelle” e quanto questa visione riflette il suo modo di concepire l’amore o le sue esperienze personali?
«Non riguarda me personalmente, ma le mie idee sull’amore. Penso che la donna di oggi, come Elisabeth, desideri “l’amore che ti strappa la pelle”. È un’idea comune: pensiamo che il vero amore debba farci soffrire, al punto da non riuscire a pensare ad altro. Invece, credo che l’amore sia altro: la capacità di essere in sintonia con l’altro, di avere un’assoluta confidenza, mostrandoci senza filtri né maschere»
Elisabeth vive una vita agiata, ma monotona, finché un’eredità inaspettata la costringe a confrontarsi con un cambiamento radicale. Secondo lei, quanto spesso siamo prigionieri della nostra quotidianità e cosa ci impedisce di uscire da questi schemi?
«Quasi sempre restiamo intrappolati nelle nostre abitudini, perché l’abitudine è qualcosa di molto potente. Alla fine, ti ci affezioni. È lo stesso meccanismo per cui un programma televisivo che va in onda ogni giorno alla stessa ora, magari all’inizio non lo guarda nessuno ma poi comincia a fare ascolti: l’abitudine ci rassicura. Accettare il rischio di cambiare significa mettere in gioco tutto, con la possibilità di perderlo. Per uscire da questo schema ci vuole o una forte disperazione o un intervento del destino, come succede a Elisabeth, che inizia a percepire dei segni e a vedere le cose non più come le vedeva prima»

La figura materna glaciale di Elisabeth ha un peso importante nella sua vita. Crede che le dinamiche familiari influenzino la nostra capacità di vivere l’amore?
«Certamente, e non lo dico solo io, ma tutte le scienze dell’anima. I primi cinque anni di vita, e fino ai 10-12, tutto ciò che un bambino vive si imprime nel suo carattere. Se un genitore non riesce a trasmettere amore, se è troppo duro, annoiato, competitivo, il bambino crescerà con una carenza di affetto che lo condizionerà. L’amore è una funzione che si apprende per imitazione: si impara ad amare solo facendo esperienza dell’amore».
Clementina, nonostante le difficoltà che ha affrontato, conserva una purezza e una gioia disarmanti. Pensa che questo personaggio possa ispirare le donne di oggi?
«Clementina non ha nessuna ragione per essere così aperta alla gioia: è orfana, povera e bullizzata dai suoi tutori. Tuttavia, ha un carattere che le permette di vedere il mondo come un tesoro che si svela. Se affronti il mondo con il cuore spalancato, la vita ti ricompensa: questo possiamo imparare da lei»
La sua è una storia che racconta l’amore come una forza inarrestabile. In tv la vediamo spesso nei salotti tv dove affronta tematiche attuali che raccontano storie di amore che portano a tragedie. Cosa ci dice tutto ciò sull’amore?
«La storia che racconto smaschera la più grande bugia sull’amore, quella su cui si fonda il potere degli uomini sulle donne. Ci hanno insegnato che, se sei brava, obbediente e bella, troverai l’amore. Come se l’amore fosse un premio da meritare. Non è così: ti spetta per il solo fatto di essere nato. Sei venuto al mondo e cioè significa che sei un dono per il mondo. Molte donne, per colpa della grande menzogna che viene loro raccontata, sopportano umiliazioni, insulti e violenze, perché pensano di non meritare di meglio. Smascherare questa bugia significa liberarsi da questo schema, che purtroppo esiste ancora, nonostante si parli tanto di femminicidi. È necessario cambiare la nostra idea di amore»

Alla fine della storia, cosa spera che il lettore porti con sé?
«La gioia di Clementina e una forma di liberazione dalle bugie che ci hanno raccontato sull’amore. Attraverso la storia di Elisabeth e Clementina, voglio dimostrare che ci hanno ingannato: l’amore è un diritto, non qualcosa che bisogna meritare. L’amore può accadere, l’amore accade, non deve essere conquistato»
È per questo che ha scelto il titolo L’amore può succedere. Crede che l’amore sia davvero questione di destino o di serendipità nella vita reale?
«Credo che l’amore sia una questione di benessere con se stessi e con la vita. Se inseguite qualcuno, può succedere che nasca una bella relazione, ma di solito non è così. L’amore arriva quando vuole, senza forzature».
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