
San Pietro: tra antichi segreti e una (grande) novità
Per il Giubileo la Basilica di San Pietro si è rinnovata e ha spalancato le porte ai fedeli di tutto il mondo. Entriamo dunque alla scoperta dei suoi tesori, della sua storia e dei suoi affascinanti misteri. Dimenticavo… tenetevi pronti anche per un tour virtuale!
Ombelico della Cristianità, la Basilica di San Pietro è il faro della spiritualità a cui tutto il mondo cattolico guarda e, in questo 2025 consacrato al Giubileo universale, le sue porte si spalancheranno ancora di più per accogliere i fedeli con l’abbraccio salvifico di Santa Romana Chiesa.
Quale migliore occasione, quindi, per fare un viaggio ideale attraverso la sua storia secolare, alla scoperta dei suoi misteri affascinanti e delle sue inestimabili opere d’arte dalla forte valenza simbolica?
Ma chi pensa che visitare San Pietro equivalga solo a fare un salto nel suo (seppur glorioso) passato si sbaglia di grosso. Oggi, in occasione del Giubileo, il Tempio della Cristianità è entrato ufficialmente nell’era digitale, grazie a un progetto lanciato dalla Fabbrica di San Pietro in collaborazione con Microsoft, che ha dato vita a un vero e proprio “gemello virtuale” della Basilica.
Siete pronti?

Piazza San Pietro e il colonnato del Bernini: l’abbraccio della Chiesa universale
Da via della Conciliazione lo sguardo si apre su piazza San Pietro, incorniciata da 284 colonne di travertino e impreziosita da 140 statue per un totale di quarantaquattromila metri cubi di marmo. Nel 1656 Papa Alessandro VII Chigi ne commissionò la realizzazione a Gian Lorenzo Bernini con un’indicazione precisa: voleva un gran “teatro di colonnate” che potesse idealmente abbracciare tutti gli uomini, i fedeli certo, ma anche gli eretici “per unirli alla vera Chiesa” e gli infedeli “per illuminarli alla vera fede”. Ci impiegò meno di vent’anni il Bernini (dal 1656 al 1673) per esaudire il desiderio del suo Pontefice, e così prese corpo quella selva scenografica di colonne e statue che ancor oggi è il simbolo dell’universalità ecumenica.
Una curiosità: non tutti ricordano che una volta l’impatto scenografico offerto dal colonnato era decisamente più stupefacente rispetto a quello dei nostri giorni. Infatti, prima dell’apertura di via della Conciliazione (creata a partire dal 1936 per collegare la Basilica al Lungotevere), si accedeva a Piazza San Pietro dalla Spina dei Borghi e, procedendo tra le strette viuzze, si apriva a poco a poco allo sguardo l’inaspettata e abbagliante magnificenza della piazza del Bernini.
In un’intervista di venticinque anni fa, l’attore romano Alberto Sordi descrive esattamente com’era l’effetto di avvicinamento a piazza San Pietro prima dell’abbattimento della Spina: «Avevo quattro anni quando vidi per la prima volta San Pietro… Arrivammo percorrendo i vicoli, che poi furono distrutti… un ammasso di casupole, piazzette, stradine. Poi, dietro l’ultimo muro di una casa che si aprì come un sipario, vidi questa immensa piazza. Il colonnato del Bernini, la cupola. Un colpo di scena da rimanere a bocca aperta».

Skip in… il Baldacchino del Bernini, restaurato di fresco proprio in occasione del Giubileo
Varcata la Porta Santa ci si trova proiettati in uno spazio immenso, imponente, opulento. Il nostro sguardo rischierebbe di perdersi rincorrendo le innumerevoli opere d’arte che affollano San Pietro, rendendolo la massima espressione della magnificenza barocca… se non fosse che, dopo poco, la nostra attenzione viene immancabilmente catalizzata dal Baldacchino di bronzo che troneggia al centro della Basilica. L’opera, che sovrasta l’altare della Confessione, è imponente: alta 30 metri con immense colonne tortili e decori in legno e rame ricoperti di rivestimenti in foglia d’oro, che sono tornati di nuovo brillanti grazie all’ultimo restauro realizzato proprio in occasione del Giubileo (l’ultimo risale a 250 anni fa).
Una curiosità: si dice che, per realizzare il Baldacchino, papa Urbano VIII Barberini autorizzò il Bernini a depredare l’atrio del Pantheon del suo decoro di metallo, facendolo poi fondere per ricavarne parte dei 3800kg di cui è composta l’opera. Tale spoglio sarebbe all’origine della celebre pasquinata che recita: “quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini”, ovvero, “Ciò che non hanno fatto i barbari lo hanno fatto i Barberini”. In realtà sembra che il bronzo del Pantheon servì invece (o anche) per realizzare i cannoni di Castel Sant’Angelo.

La Pietà che desta meraviglia e la sua storia travagliata
Baldacchino a parte, per menzionare tutte le opere d’arte di inestimabile valore che affollano la Basilica di San Pietro non basterebbe forse un’enciclopedia. Ma è impossibile non soffermarsi sulla scultura ospitata nella prima cappella della navata destra: la Pietà di Michelangelo. La statua, che raffigura il corpo di Gesù morto abbandonato tra le braccia della Vergine Maria, è alta un metro e settantaquattro centimetri ed è stata realizzata dallo scultore, appena ventiquattrenne, da unico blocco di marmo di Carrara, tra il 1498 e il 1499.
In occasione del Giubileo la vetrata che la proteggeva è stata sostituita da un diaframma composto da nove vetri antisfondamento e antiproiettile che garantisce massima sicurezza e trasparenza. Una precauzione doverosa, soprattutto dopo il gravissimo episodio che vide la scultura incolpevole protagonista ormai più di cinquant’anni orsono.
Era la mattina del 21 maggio 1972 quando Laszlo Toth, un geologo australiano di origini ungheresi con problemi psichici, si arrampicò sulla statua (che ai tempi non era protetta in alcun modo) e la prese a martellarla ripetutamente al grido “Sono Gesù Cristo”. Il folle fu internato in un manicomio italiano per circa un anno e poi rimpatriato, ma intanto la Pietà aveva subito danni notevoli, anche se non irreparabili. E, infatti, furono riparati, grazie anche alle centinaia di fotografie che il fotografo Robert Hupka aveva scattato in occasione del viaggio che la Pietà fece oltreoceano nel 1964, per essere esposta all’Esposizione Universale di New York.

Basilica di San Pietro 2 (la vendetta)
Forse non tutti sanno che la Basilica che vediamo oggi è solo la seconda versione della chiesa edificata sul luogo del martirio e della sepoltura dell’apostolo Pietro.
La prima versione, infatti, fu voluta dal cristianissimo imperatore Costantino nel IV secolo, sull’area della necropoli dove si riteneva essere collocato il sepolcro di Pietro. La Basilica costantiniana fu il fulcro della Cristianità per mille anni, fino a quando nel 1506, papa Giulio II diede il via alla costruzione della Basilica odierna.

Il giallo millenario della tomba di San Pietro
Sotto la Basilica di San Pietro, dunque, si nascondono i resti della necropoli romana dove la tradizione vuole che fu sepolto il Santo, che prima di divenire tale era un predicatore giudeo che rispondeva al nome di Simone e che, in un anno non meglio identificato poco dopo la metà del primo secolo, venne crocifisso ai piedi del colle Vaticano, in un’area adiacente a quello che allora era il circo di Nerone (e da cui proviene l’imponente obelisco egiziano che oggi svetta al centro di Piazza San Pietro).
Probabilmente le spoglie mortali di San Pietro, alias Simone, sarebbero state inghiottite per sempre dall’oblio del tempo, se verso la metà del secondo secolo, sopra il luogo della sua sepoltura, non fosse stata eretta, in segno di devozione sempiterna, un’edicola in muratura. Si tratta del cosiddetto Trofeo di Gaio, il monumento sul quale venne scritto in greco “Petros eni”, ovvero “Pietro è qui” e il cui rinvenimento fu la chiave di volta per il ritrovamento del corpo di San Pietro.
Sebbene la tradizione che vuole le due Basiliche (la costantiniana e l’odierna) erette sul luogo di sepoltura di San Pietro sia solida e ininterrotta, di tale tomba i secoli avevano fatto perdere le tracce, fino a quando papa Pacelli (Pio XII) diede il via a un’opera di scavo sotto l’altare della Confessione. Erano gli anni 40 e le indagini archeologiche, che durarono fino agli anni ’60, portarono alla luce i resti della necropoli romana e della presunta tomba di San Pietro, che però… era vuota.

E il corpo del Santo?
Accanto alla tomba in questione, si rinvenne un muro tempestato di graffiti con invocazioni a Cristo e Pietro, tra cui spiccava un frammento con la scritta che abbiamo già incontrato nella nostra storia: “Petros eni”, “Pietro è qui”. E proprio lì si trovava infatti, perché in un vano sottostante il muro furono ritrovati dei resti umani, appartenenti a un uomo anziano e robusto, avvolti in un panno di lana color porpora e intessuto d’oro a cui mancava un frammento seppur minimo delle ossa dei piedi (particolare che si spiega facilmente considerando che durante la crocifissione a testa in giù, come fu quella subita da Pietro, i piedi si staccano dal corpo a causa della forza di gravità). L’annuncio del ritrovamento dei resti mortali del Principe degli Apostoli fu dato da papa Paolo VI nel 1968, e oggi quei resti, traferiti di nuovo nel loculo originario, sono esposti alla venerazione del popolo di Cristo.
Riemergiamo ora dagli abissi della storia per tornare al presente, anzi al futuro.

San Pietro nell’era digitale
La Chiesa cattolica ha una missione universale e, per adempierla al meglio, non poteva non preoccuparsi di tutti quei fedeli che, specialmente in occasione dell’Anno Santo, non avranno la possibilità di recarsi fisicamente a Roma. Così ha chiesto aiuto all’intelligenza artificiale, mettendo a punto uno strumento innovativo che consente di esplorare la Basilica di San Pietro in modo virtuale.
Si chiama “La Basilica di San Pietro: Al-Enhanced Experience” ed è il progetto ideato dalla Fabbrica di San Pietro e da Microsoft che consentirà a pellegrini e visitatori di godere un tour virtuale di San Pietro semplicemente accedendo al portale web interattivo della Basilica (www.basilicasanpietro.va).
Il modello 3D è stato creato a partire da quattrocentomila immagini ad altissima risoluzione (provenienti da droni utilizzati per tre settimane di riprese, fotocamere e laser) poi elaborate dall’intelligenza artificiale che ha restituito un vero e proprio “gemello virtuale” della Basilica di San Pietro, sia all’interno sia all’esterno.
Ma non è tutto, perché grazie all’IA si potrà compiere il percorso spirituale fino alla tomba di San Pietro godendo di punti di vista sulle opere d’arte e sulle caratteristiche architettoniche della Basilica fino a ora assolutamente impossibili. L’esplorazione virtuale immersiva degli spazi consente dunque di apprezzare da una prospettiva inedita i capolavori artistici racchiusi nel prezioso scrigno della Basilica e di scoprire le soluzioni tecniche nascoste con cui gli architetti Michelangelo, Bramante e Maderno hanno giocato per realizzare la maestosità dell’insieme. Nata per venire incontro alle esigenze di alcuni, questa esplorazione virtuale si pone così come un’esperienza davvero imprescindibile per chiunque.

Informazioni per la visita:
Basilica di San Pietro: tutti i giorni dalle 7 alle 19, ingresso libero.
Museo del Tesoro: nel transetto sinistro, accanto alla sacrestia, costo euro 17,00.
Salita alla Cupola: con ascensore euro 22,00, con le scale euro 17,00.
Per tutte le visite sono disponibili sia percorsi guidati sia audioguide.

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