
Ciuccio, biberon e… smartphone: è questa la nuova frontiera dell’infanzia?
Il bambino sul seggiolino del carrello della spesa non osserva più curioso gli scaffali colorati del supermercato, è a testa bassa, ricurvo su uno smartphone, potrebbe essere ovunque.
Fogli di carta, matite colorate, macchinine e fumetti non fanno più la loro comparsa al tavolo del ristorante, perché i bimbi, tra una portata e l’altra, ingannano l’attesa con il cellulare di mamma e papà.
E quando finalmente il piatto arriva, con l’aiuto di un bel cartone animato o un videogioco, il piccolo ipnotizzato mangia tutto senza far storie (tanto non si accorge nemmeno se sta ingurgitando un hamburger o un piatto di spaghetti al pomodoro).
Come fare in modo poi che il piccolo non si annoi durante quel lasso di tempo infinito, quei cinque terribili minuti che son pur necessari per asciugargli i capelli dopo la doccia? A casa o in piscina, la soluzione vincente è sempre lui, lo smartphone.
È una “questione di sopravvivenza”, ci diciamo, anche noi abbiamo diritto a far quattro chiacchiere a cena con gli amici in santa pace, a far la spesa in tranquillità dopo una giornata pesante di lavoro e non dover sempre combattere con i capricci vari ed eventuali, a tavola o altrove…
Vero. Verissimo. Purtroppo, però, tutto ha un prezzo e la soluzione più a portata di mano quasi mai è la migliore. La sensazione è che il fenomeno ci sia sfuggito di mano e dobbiamo impegnarci per correre ai ripari.

Veniamo ai dati
In Italia 8 bambini su 10 tra i 3 e i 5 anni utilizzano gli smartphone dei propri genitori con una disinvoltura e competenza che avrebbero fatto impallidire Steve Jobs. Gli adolescenti, dal canto loro, trascorrono in media dalle 3 alle 6 ore al giorno incollati sui propri cellulari, che fino a poco tempo fa venivano anche utilizzati durante l’orario scolastico (a partire dall’11 luglio 2024, infatti, con la pubblicazione della circolare del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, lo smartphone è stato bandito dalle scuole primarie e secondarie di primo grado del nostro Paese, anche a fini educativi e didattici).
Una presa di coscienza da parte delle nostre istituzioni di un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti: stiamo delegando sempre di più e sempre prima la gestione della crescita e dello sviluppo dei nostri figli alla tecnologia.
I bambini giocano sempre meno in spazi fisici e sempre di più in spazi virtuali, la loro creatività innata e la loro meravigliosa capacità di immaginazione si atrofizzano e cedono il passo ad una fruizione di contenuti del tutto passiva e, spesso, totalmente inconsapevole.

Quali sono dunque i rischi più importanti?
Il primo della lista è la dipendenza, favorita dalla possibilità di accedere allo smartphone in qualsiasi luogo e in qualsiasi momento della giornata (e della notte). Sbalzi d’umore, perdita di controllo, ansia e depressione se si viene privati del suo utilizzo, sono i sintomi più comuni.
Segue la perdita della capacità di concentrazione, che è una diretta conseguenza dell’iperstimolazione che il cervello in formazione dei più piccoli subisce dal web, dell’assuefazione alla sua velocità, una “scrollata” e siamo già in un’altra dimensione. Difficile poi non perdere il filo quando l’insegnante spiega in classe o restare fermi per più di cinque minuti davanti alla stessa pagina di un libro.
Abbiamo poi i disturbi del sonno, perché usare lo smartphone nelle ore serali e prima di andare a dormire causa eccitazione, rende addormentarsi più difficile e quindi altera il ritmo circadiano del sonno. Non dormire per un numero sufficiente di ore ha gravi conseguenze sul benessere psicofisico, sulle capacità mnemoniche e cognitive e quindi (è facile intuirlo) sul rendimento scolastico.
L’uso continuo degli smartphone provoca dei danni alla vista, causando secchezza oculare, affaticamento, abbagliamento e irritazione.
L’isolamento sociale, che riguarda soprattutto gli adolescenti. Il fenomeno del ritiro sociale, che spesso ha come concausa un disagio scolastico, porta i ragazzi a ritirarsi dal mondo reale, dalle relazioni amicali e da tutti i contatti sociali per chiudersi nella propria stanza, sostituendo la vita vera con una fruizione spasmodica di internet (in Giappone, questo fenomeno ha avuto inizio prima che nel resto del mondo, e si chiama Hikikomori)

Che cosa possiamo fare?
Ora, premesso che, come in ogni cosa umana, esiste anche il rovescio della medaglia e non si possono certo disconoscere i vantaggi sociali apportati dall’uso degli smartphone in termini di comunicazione, intrattenimento o strumento di studio e lavoro, resta da chiedersi, che cosa possiamo fare?
Il ruolo dei genitori nel prevenire i comportamenti dannosi nell’uso dello smartphone è a dir poco cruciale e la regola d’oro, anche in questo caso, è prevenire è meglio che curare.
La Società Italiana di Pediatria ha stilato delle linee guida che ci possono aiutare nel gestire il problema con i nostri figli.
In primo luogo, gli smartphone e i tablet devono essere rigorosamente vietati prima dei due anni di età, durante i pasti e prima di andare a dormire.
L’uso dei device tecnologici deve essere limitato al massimo a 1 ora al giorno, nei bambini di età compresa tra i 2 e i 5 anni, e a un massimo di 2 ore al giorno nei bambini di età compresa tra i 5 e gli 8 anni.
Evitare di ricorrere a smartphone e tablet per distrarre o calmare i bambini, perché ciò fa perdere loro dimestichezza con il gioco “fisico”, con l’immaginazione e non ultimo, con la loro competenza nel gestire le emozioni e la noia.
L’ultimo consiglio, ma non certo in ordine di importanza, è quello di “dare il buon esempio”: limitare noi stessi il ricorso agli strumenti tecnologici il più possibile, favorendo invece un’interazione diretta con il bambino.

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