
Premi e premiati della 70esima edizione dei David di Donatello. Domina "Vermiglio". Ma a tenere banco è una conduzione "imbalsamata", scossa solo da Pupi Avati
Sbalsamateli! È questo l’unico pensiero che per quasi un’ora ha pervaso pubblico e spettatori dei Premi David di Donatello, giunti quest’anno alla 70esima edizione e trasmessi in diretta su Rai Uno mercoledì 7 maggio dallo Studio 5 di Cinecittà a Roma, nel vedere Elena Sofia Ricci e Mika impalati sul palco, con gli occhi spalancati come cerbiatti di notte davanti ai fari di un bolide che corre loro incontro a 100 all’ora su una superstrada, costantemente protesi, uno a fianco all’altra a darsi sostegno, verso il gobbo a leggere i testi previsti per la serata. Roba che neanche il Paolo Ruffini arrostito con la sua sferzante ironia da Valerio Mastandrea per le sue innumerevoli gaffes qualche anno fa, aveva neanche lontanamente eguagliato.
Forse, per ricordare qualcosa di simile, l’unico termine di paragone è il Sanremo ’89 dei “quattro figli di” Rosita Celentano–Paola Dominguin–Danny Quinn–Gianmarco Tognazzi. Tempi televisivi completamente sbagliati, costantemente fuori tempo, fuori posto, sorriso di circostanza a nascondere comunque palpabile tensione. E lo hanno detto anche loro, Elena Sofia e Mika, durante la serata, che le gambe hanno tremato. Eppure uno anni fa ha condotto, con successo, un one man show su Rai Uno, oltre a cantare davanti a platee di tutto il mondo, e l’altra ha alle spalle una solida carriera di brava e spigliata attrice, protagonista di tante opere di successo al cinema e in teatro e, soprattutto, la recente patente di “Belva” certificata da Francesca Fagnani.
Insomma, non gli ultimi arrivati!
Ma, al di là di due conduttori cui anche il gabbiano del comignolo del primo giorno di Conclave ha dato lezioni di disinvoltura davanti alla telecamera, l’impatto con un’edizione non ben “tarata” si è avuto in tante altre circostanze, soprattutto nelle prime fasi della serata. Come quando l’ospite internazionale che più ospite internazionale del momento non si può, Timothée Chalamet, Premio David Speciale, era costretto a parlare con il sottofondo del traduttore, con tono di voce degno di Sandro Ciotti dei tempi migliori e il volume settato abbastanza alto da coprirlo ma non abbastanza da non farlo sentire, con un senso di confusione che anche il povero Chalamet, tutto intento a magnificare il cinema italiano nel suo discorso, non è riuscito a non far trapelare (e va solo ringraziato per non aver aggiunto al suddetto discorso la domanda “dove sono capitato?”…).

Ci voleva un vecchio leone come Pupi Avati a dare uno scossone, andando fuori schema e rivolgendosi, con la consapevolezza di poterselo permettere dall’alto della sua carriera, peraltro premiata appunto con un David, alla Sottosegretaria alla Cultura Lucia Borgonzoni appena intervenuta e seduta in platea, per esortarla a fare per il cinema qualcosa in più della pur lodevole iniziativa che aveva appena presentato, Cinema Revolution, con cui verranno promosse anche quest’anno le proiezioni estive di film di nuova uscita e in alcuni casi anche di quelli già passati in sala durante l’anno.
L’ennesima presenza votata al massacro, quella dei politici (di qualsiasi colore) in un contesto d’arte, che non ha raggiunto le vette di Gennaro Sangiuliano e Geppi Cucciari al Premio Strega, ma le ha comunque evocate. Il regista ha prima stigmatizzato la differenza tra l’opulenza rappresentata ai David e “il cinema vero che fa fatica” e poi ha più volte invitato una imbarazzata Piera Detassis, in qualità di Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano che organizza i premi, e (invano) la stessa Sottosegretaria Borgonzoni che le era seduta accanto, ad applaudire all’omaggio da lui reso al cinema nostrano, come stavano facendo a piene mani tutti gli astanti. Il regista ha persino invitato Elly Schlein e Giorgia Meloni a farsi una telefonata e parlare una mezz’oretta, insieme a Giorgetti, per fare qualcosa per questo vituperato cinema nostrano. E lì, probabilmente, Borgonzoni ha fatto finta di non conoscersi.

Ecco, la gestione dell’imprevisto… parliamone. Ha senso buttare, senza rete, due professionisti nel loro campo ma sicuramente non esperti di conduzione TV come Elena Sofia Ricci e Mika in un carrozzone della durata di tre ore e mezza, con centinaia di artisti, premiati, ospiti (ognuno dei quali è una potenziale scheggia impazzita) senza un’adeguata preparazione che non può essere certo demandata alla lettura di un gobbo, peraltro pure abbastanza lontano da far loro strabuzzare gli occhi per riuscire a leggerlo correttamente?
Possiamo dire che, per lo meno, andrebbe inserito nello staff dei conduttori di questo tipo di serate almeno un elemento avvezzo ai tempi e alle insidie del mezzo televisivo?
Per favore, non rifatelo mai più. Non date in mano oggetti (in questo caso artistici, ma vale per qualsiasi campo) complessi e preziosi in mano a persone degnissime, ma improvvisate nel ruolo e destinate a “bloccarsi” e in cui non vi sia almeno uno che possa agire per sbloccarli.
Comunque sia, dopo l’intervento di Pupi Avati è come se anche il cantante libanese e l’attrice nata a Firenze improvvisatisi conduttori allo sbaraglio per una sera si siano infine un po’ “scollati” dal terrore del compitino e dal copione, cominciando finalmente a guardarsi tra di loro, a guardare il pubblico, a interagire, ad azzeccare i tempi. Soprattutto in Elena Sofia Ricci abbiamo visto uno scatto d’orgoglio, un tentativo di dominare la serata e non farsene dominare. Infruttuoso, ma almeno apprezzabile. C’è vita sul pianeta David.
E sono arrivati anche altri momenti spontanei e fuori schema, come gli “Allora…” e le lacrime di una emozionatissima Tecla Insolia, premiata per il suo ruolo da protagonista in L’arte della gioia, e la tirata politico-polemica di Elio Germano che ha richiamato nel suo discorso la dignità delle persone e immesso uno sprazzo di realtà, con un richiamo alla guerra israelo-palestinese, a un’edizione fin lì troppo patinata e autoreferenziale.

Non si può fare a meno di notare, in ultimo, la ripetitività delle cinquine finaliste, con una decina di titoli che si alternavano in mezzo a qualche outsider ogni tanto. Non è “colpa” dei premiati né di chi ha premiato, ma il fermento del cinema italiano di un tempo sembra un ricordo lontano. Piccole produzioni annaspano dietro quattro, cinque grandi progetti e tutti poi comunque annaspano nelle sale cinematografiche, sempre meno frequentate. Certo, il Covid ha ucciso il cinema come luogo di aggregazione e il settore fa davvero fatica a rialzarsi. Ma c’è qualcosa anche nel sistema – che premia e manda avanti per lo più progetti o senza coraggio, con sceneggiature fotocopia, o senza futuro, con iniziative non corrispondenti ai gusti del pubblico – che evidentemente non aiuta.
Poi, certo, ogni tanto spuntano delle perle come Vermiglio, che dopo essere stato scelto come film candidato italiano agli Oscar, ha “sbancato” anche i David con la statuetta per miglior film e miglior regia, oltre ad altre cinque per premi “minori” (ma non meno importanti), o come il film di Paola Cortellesi campione d’incassi e fenomeno mediatico dello scorso anno. Ma C’è ancora domani, per il cinema italiano?
Resta comunque, complici anche alcune scene e alcuni retroscena tra il grottesco e il tragicomico al ricevimento del mattino al Quirinale di premianti e premiandi al cospetto del Presidente Mattarella, il senso di un cattivo servizio reso ai 70 anni dei David di Donatello: una cifra importante, che meritava freschezza ma non improvvisazione, vivacità e non imbalsamazione, omaggi istituzionali e non stereotipato presenzialismo della politica. O meglio, non un cattivo servizio, perché l’impegno profuso è tanto e le competenze, il substrato artistico, comunque emergono. Ma un servizio non all’altezza della storia e delle potenzialità di questo cinema, nonostante tutto ancora in battaglia contro innumerevoli Golia, con la sola arma della creatività.

TUTTI I PREMI
Miglior Film: Vermiglio Maura Delpero
Migliore Regia: Vermiglio Maura Delpero
Miglior Esordio alla Regia: Gloria! Margherita Vicario
Miglior Sceneggiatura Originale: Vermiglio Maura Delpero
Miglior Sceneggiatura Non Originale: L’arte della gioia Valeria Golino – Francesca Marciano – Valia Santella – Luca Infascelli – Stefano Sardo
Miglior Produttore: Vermiglio Francesca Andreoli, Leonardo Guerra Seràgnoli, Santiago Fondevila Sancet, Maura Delpero per Cinedora, con Rai Cinema – in collaborazione con Charades (coproduzione con la Francia), Versus (coproduzione con il Belgio)
Migliore Attrice Protagonista: L’Arte della Gioia Tecla Insolia
Miglior Attore Protagonista: Berlinguer – la grande ambizione Elio Germano
Miglior Attrice Non Protagonista: L’arte della Gioia Valeria Bruni Tedeschi
Miglior Attore Non Protagonista: Familia Francesco Di Leva
Miglior Casting: Vermiglio Stefania Rodà – Maurilio Mangano
Miglior Autore della Fotografia: Vermiglio Mikhail Krichman
Miglior Compositore: Gloria! Margherita Vicario – Davide Pavanello
Migliore canzone originale: Gloria! titolo: Aria!
musica di: Margherita Vicario – Davide Pavanello – Edwyn Clark Roberts – Andrea Bonomo – Gianluigi Fazio
testi di: Margherita Vicario – Davide Pavanello – Edwyn Clark Roberts – Andrea Bonomo – Gianluigi Fazio
interpretata da: Margherita Vicario
Migliore Scenografia: Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta
s<cenografia: Tonino Zera
arredamento: Carlotta Desmann – Maria Grazia Schirripa
Migliori Costumi: Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta Massimo Cantini Parrini
Miglior Trucco: Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta Alessandra Vita – Valentina Visintin
Miglior Acconciatura: Le déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta Aldo Signoretti – Domingo Santoro
Miglior Montaggio: Berlinguer – la grande ambizione Jacopo Quadri
Miglior Suono: Vermiglio
presa diretta: Dana Farzanehpour
montaggio del suono: Hervé Guyader
creazione suoni: Hervé Guyader
mix: Emmanuel de Boissieu
Migliori Effetti Visivi VFX: Napoli – New York Victor Pérez
Miglior Documentario: Lirica Ucraina Francesca Mannocchi
Miglior Cortometraggio: Domenica Seramatteo Tortone
Miglior Film Internazionale: Anora Sean Baker
Premio David Giovani: Napoli – New York Gabriele Salvatores
Premio David dello Spettatore: Diamanti Ferzan Özpetek
Premio David alla Carriera: Pupi Avati
Premio David Speciale: Ornella Muti
Premio David Speciale: Timothée Chalamet
Premio Cinecittà David 70: Giuseppe Tornatore
Premio TikTok #DaVedere Awards: Il ragazzo dai pantaloni rosa Margherita Ferri
A te l'onere del primo commento..