
Secondo studi recenti, coltivare e falciare i prati seguendo linee curve favorisce la presenza di api e la biodiversità. Un ulteriore tassello sulla strada della consapevolezza ecologica
“Vola, vola, vola vola, vola l’ape Maia“… Forse solo chi è “boomer” – se non anagraficamente, almeno nell’animo – può ricordare anche la musica che accompagnava la comparsa, un po’ caotica, ma tanto simpatica (e soprattutto “tanto gaia”) dell’ Ape Maia nelle case e nei televisori del primi anni ’80 con questo incipit della sigla cantata da Katia Svizzero.
Così come il derby giallonero con i fan dell’Ape Magà, “ape vagabonda” perché in perenne ricerca della madre che la abbandonò da piccola per l’attacco di uno sciame di vespe e primo, vero esempio di “cartoon” (anzi, “anime”, come vennero definiti i primi cartoni animati giapponesi) di formazione, al pari di Remy, Belle et Sebastien e tanti altri, che furono per la generazione di allora quello che Oliver Twist o il giovane Holden rappresentarono per quelle precedenti.
Tutto questo “fiorire” di storie raccontateci da piccoli sulle api e sul loro mondo non ha però portato alla costruzione di una consapevolezza della loro importanza nell’economia della natura e della biodiversità. È ormai riconosciuto il ruolo di “diffonditrici di vita vegetale”, delle api come di tutti gli insetti impollinatori. Molte piante non solo “contano” su di esse per la continuazione della loro specie, ma si affidano totalmente alle api che, saltando di fiore in fiore, catturano e trattengono granuli di polline nelle zampe per poi “distribuirlo” sui fiori successivi. Senza di esse, dunque, una buona quantità di vita vegetale, semplicemente, non esisterebbe.
Il tema è tanto ben conosciuto dall’ecologia, quanto scientificamente provato, così come l’impatto sulla vita e sulla vitalità delle api da parte dell’attività umana, con il proliferare di diserbanti, eccesso di azoto nei fertilizzanti, inquinamento ambientale, atmosferico e luminoso, ostacoli fisici come vetri e pannelli invisibili e perfino onde elettromagnetiche che restringono e disturbano sempre più l’habitat naturale non solo delle api, ma di tutti gli insetti e spesso anche di altre specie, volatili e non, mettendone a repentaglio la crescita e talvolta la stessa esistenza.

Oggi, nella Giornata Mondiale della Terra (il 22 aprile è in tutto il mondo l’Earth Day, giorno in cui sono organizzate e promosse attività di informazione, conoscenza e cura del nostro pianeta e dell’ambiente che lo caratterizza) e a poco meno di un mese dalla Giornata Mondiale delle Api il prossimo 20 maggio – che tratteremo in una interessante intervista al Direttore di Greenpeace Italia Giovanni Onufrio, che potrete leggere sul numero 7 di Mio in edicola il 15 maggio e già in preparazione (mentre dopodomani esce il numero 6 con tante notizie e interviste curiose ed esclusive, ci raccomandiamo: correte in edicola a comprarlo!) – rilanciamo una recente ricerca di alcuni ricercatori ed entomologi dell’Università di Gent, in Belgio, e pubblicata sul volume 382 della rivista Agriculture, Ecosystems & Environment e riportata anche sulle pagine della prestigiosa rivista Science: secondo i ricercatori, se si ha l’accortezza di tagliare l’erba di un prato o di grandi spazi erbosi o campi coltivati seguendo movenze arrotondate e un andamento curvo, ciò porterebbe grande beneficio agli insetti, aumentando l’abbondanza e la diversità delle farfalle e delle api selvatiche.

Una falciatura tortuosa infatti, non solo aderirebbe meglio agli schemi utilizzati dagli insetti per orientarsi, consentendo di spostarsi più facilmente da un’area all’altra aumentando anche la produttività degli stessi campi erbosi, ma consentirebbe loro di non trovarsi mai troppo distanti ad esempio dall’erba alta. I coltivatori “amano” i grandi blocchi di terreno lavorato, con campi falciati tutti in una volta e disposti in reticolati ordinati. Ciò però fa degradare rapidamente la qualità dell’habitat per le api, che vedono distrutti da un giorno all’altro i propri riferimenti e le nicchie ecologiche in cui trovare sostentamento. Tuttavia, testando su un’area anche relativamente piccola uno sfalcio graduale e con linee sinuose che attraversano il campo invece di grandi rettangoli, si è notato che le api in questo modo hanno la possibilità di spostarsi in una zona vicina con più facilità.
Se dopo un anno la differenza tra le due tipologie di falciatura appare ancora relativamente piccola, è dopo il secondo e poi definitivamente nel terzo che arriva una vera e propria “esplosione demografica” con una presenza anche del 45-50% in più di api selvatiche nei campi coltivati e falciati secondo linee curve e sinuose, segnate randomicamente o seguendo asperità e imperfezioni del terreno.

Fondamentalmente, la squadratura portata all’eccesso dei campi coltivati con righe tutte dritte e per grandi blocchi, convince le api selvatiche (ma anche gli altri insetti) che quel territorio è “ostile” e dunque tendono a non ritornarvi e a non sceglierlo per i loro spostamenti e la loro ricerca di cibo e risorse per la sopravvivenza. O, per altri versi, se le api si trovano in un’area delimitata da linee dritte, ampie e ben squadrate, diventano poi… “apatiche”, riguardo alla prospettiva di ritornare poi in quell’area. Ma quando si accorgono che invece quel campo segue un approccio più “naturale” di ricambio dell’erba, la loro presenza aumenta. Tanto più se vi è coesistenza di macchie di erba falciata, che contengono più piante erbacee di cui nutrirsi e nicchie per l’accoppiamento e la nidificazione, e di erba alta. Un effetto molto più facilmente ricreabile da appezzamenti che si insinuano e si rincorrono l’un dentro l’altro, piuttosto che accostarsi a quadratoni. D’altronde la natura ama le geometrie complesse.
Insomma, è scientificamente provato che l’Ape Maia, per le sue gaie scorribande, si trova meglio a volare di fiore in fiore seguendo linee curve. Una conclusione che lei stessa, che si è sempre “battuta”, insieme al suo fedele sodale Willi dal ciuffo un po’ punk, contro le ingiustizie verso il suo bosco, facendo appassionare tanti piccoli e grandi telespettatori di allora alle tematiche della natura e della sostenibilità ambientale ante-litteram, sottoscriverebbe.

E proprio per i motivi detti sopra, l’apetta comparsa per la prima volta nel 1975 sul canale giapponese Net, e giunta dunque alla ragguardevole età, per un’ape, di 50 anni, è stata scelta come testimonial dell’oasi apistica costruita a Milano dalla società no profit Bee it in via Ettore Ponti: dallo scorso 5 aprile è infatti attiva la Casa di Maia, grazie al contributo di Operainfiore e Milano Green Way, dove oltre a un’arnia “griffata” con la sua immagine con la presenza dei simpatici insetti sono previste attività di divulgazione e laboratori per bambini.
Piccoli passi verso la consapevolezza che solo osservando i comportamenti delle altre specie e venendo incontro alle loro necessità ed esigenze potremo vivere in un mondo migliore. Nella speranza che, come vale per tante altre ricorrenze, ogni giorno diventi per noi una “Giornata della Terra”.

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