
Alla vigilia del voto del 23 febbraio 2025, con cui 59,2 milioni di tedeschi sceglieranno i nuovi componenti del Bundestag e il futuro cancelliere, analizziamo i candidati e i partiti ai blocchi di partenza e cosa potrebbe succedere.

La locomotiva d’Europa cerca il suo prossimo macchinista. Domenica 23 febbraio 2025 i cittadini tedeschi saranno infatti chiamati alle urne per rinnovare il Bundestag, la camera bassa del Parlamento Federale, dopo la crisi di governo dello scorso novembre, che aveva fatto cadere il governo guidato dal cancelliere Olaf Scholz: la sfiducia formale del 16 dicembre scorso aveva infatti poi sancito ufficialmente la fine della cosiddetta “coalizione semaforo” che a seguito delle elezioni del 2021, dopo lunghe trattative, aveva infine messo insieme i socialdemocratici della SPD, i Verdi e i Liberali dell’FDP dando vita al governo a guida Scholz.

Il voto arriva in un momento di crisi
Per la principale economia del Vecchio Continente questo voto non potrebbe arrivare in un momento peggiore: l’incertezza internazionale, tra la guerra in Ucraina, la situazione a Gaza e l’impatto shock del primo mese della Presidenza Trump, si aggiunge infatti a una crisi economica (e sociale) interna, partita già prima degli anni del Covid, ma sicuramente acuita nell’ultimo periodo. La Germania è considerata da diversi analisti il “grande malato” d’Europa, con un’economia che ristagna e tensioni sociali striscianti. Di certo il periodo di cancellierato di Olaf Scholz non ha contribuito a dare l’idea di una Germania forte: sia nei rapporti con la Russia che in quelli con gli alleati europei e oltre Atlantico, il suo ruolo di “faro” della politica europea è sembrato annacquarsi. Sicuramente la crisi con la Russia, con la definitiva messa in soffitta del gasdotto “Nordstream2”, che avrebbe dovuto raddoppiare la portata di quello già esistente, poi peraltro sabotato nel 2022, e su cui Berlino aveva puntato molto, ha contribuito a una sorta di incertezza generale sul ruolo da assumere nei confronti di Mosca e anche nelle decisioni da prendere in politica interna: siamo lontani dall’approccio “granitico” con cui la Germania indirizzava l’andamento del Sistema Europa, con Macron che da Parigi ha progressivamente e inesorabilmente sfilato il testimone di “dominus” della politica continentale.
L’esito del voto di domani, dunque, darà anche un segnale sui futuri orientamenti dell’intera Unione Europea e su “quale” Germania ne farà parte.

La legge elettorale tedesca
Il sistema elettorale tedesco, riformato nel 2023 per fissare il numero di deputati a 630 eliminando il meccanismo dei cosiddetti “seggi compensativi”, è un mix di maggioritario e proporzionale. Ogni elettore ha due voti: lo Erststimme (primo voto), con cui elegge un candidato nei 299 collegi uninominali con sistema maggioritario e il Zweitstimme (secondo voto, che determina la distribuzione proporzionale dei seggi tra i partiti, purché abbiano superato la soglia di sbarramento del 5% totale o abbiano conseguito la vittoria in almeno tre collegi. Il Cancelliere viene nominato non direttamente dal voto popolare, ma a maggioranza del Bundestag così formato. Una situazione che, stanti gli attuali sondaggi, potrebbe anche portare, nella peggiore delle ipotesi, a una situazione di sostanziale stallo, qualora, i principali partiti non avessero abbastanza seggi per formare coalizioni stabili. In occasione delle ultime votazioni nel 2021, trascorsero diverse settimane dall’esito del voto, prima che Olaf Scholz, candidato dell’SPD ottenesse l’appoggio di Verdi ed FDP, dopo complicatissime trattative e un dettagliato accordo, per salire alla carica di Cancelliere.
I partiti ai blocchi di partenza













La situazione economica tedesca
Nel complesso si assiste a una forte radicalizzazione delle forze in campo. E in effetti il voto di domenica appare molto vicino a una vera e propria “scelta di campo”: per Berlino è arrivato il momento di scegliere cosa fare del credito e della forza economica faticosamente riguadagnati nel Dopoguerra, e poi dopo la riunificazione, in ambito Europeo. La guerra in Ucraina e i rapporti con Mosca in primis, ma anche la crisi industriale che ha attanagliato negli utlimi anni l’economia tedesca, richiedono interventi mirati e decisi, che un risultato incerto delle elezioni potrebbe non rendere facile. Nel 2022 il PIL è cresciuto appena dell’1,4% e negli anni successivi la percentuiale si è ulteriormente contratta, il settore manifatturiero è in difficoltà e anche uno dei settori principali dell’industria tedesca quale quello dell’auto stenta come non mai: un gigante come Volkswagen annunciano tagli significativi, mentre anche altri colossi come Mercedes e BMW sono state costrette a rivedere più volte al ribasso le stime di guadagno. Adesso arrivano come un’ulteriore mazzata i dazi annunciati da Trump a partire dal prossimo aprile per le auto tedesche (e anche per quelle italiane, of course).

Cosa potrebbe succedere dopo il voto
I numeri suggeriscono che nessun partito otterrà la maggioranza assoluta. La CDU/CSU di Merz, con circa il 30%, è in pole position per guidare il prossimo governo e avrà realisticamente il compito di cercare di catalizzare attorno a sé le alleanze politiche che rendano possibile guidare il Paese. Difficile, insomma, pensare a ipotesi di coalizioni che non la prevedano al centro del discorso.
Le due opzioni più realistiche per Merz potrebbero essere:
- La cosiddetta Grosse Koalition (Grande Coalizione) CDU/CSU-SPD, che insieme potrebbero superare il 45%, una soluzione vista con favore dal 39% degli elettori secondo YouGov. Sarebbe una soluzione tradizionale, ma richiederebbe compromessi su debito pubblico (SPD favorevole, CDU contraria) e immigrazione.
- La coalizione a tre (CDU/CSU-SPD-FDP o CDU/CSU-Verdi-FDP): se l’FDP superasse il 5%, un ritorno della “coalizione Germania” (CDU-SPD-FDP) sarebbe possibile. Altrimenti, una combinazione con i Verdi potrebbe essere esplorata, anche se più instabile.
Più sfumata l’eventualità di una coalizione “Nero-Verde” CDU/CSU-Verdi: per quanto possibile numericamente se i Verdi dovessero confermarsi intorno al 12-14% dei sondaggi, troppi sono i temi divergenti in tema economico e ambientale.
Un’incognita è rappresentata da BSW e Die Linke: se entrambi entrassero nel Bundestag, la frammentazione complicherebbe ulteriormente i negoziati. Un governo di minoranza, tollerato da altri partiti, è un’ipotesi remota, mai gradita nella tradizione tedesca.
Un’ulteriore possibilità potrebbe verificarsi qualora, vista l’impossibilità, di radunare attorno a Merz una maggioranza, la CDU/CSU accettasse di far parte di una coalizione di governo con un cancelliere “terzo”: una sorta di “ultima ratio” per evitare eventuali nuove elezioni e un ulteriore rafforzamento dell’AfD. Pur esclusa dalle coalizioni, l’ascesa di questa forza di estrema destra segnala un malcontento profondo.
In un Paese alle prese con crisi economiche e sfide geopolitiche, il prossimo cancelliere, chiunque sarà avrà il compito di rilanciare la locomotiva d’Europa. Il risultato delle urne e le successive trattative, che potrebbero durare settimane, diranno se la Germania (e l’Europa, inevitabilmente, con lei) troverà la stabilità o scivolerà in una fase di incertezza ancora più marcata.

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