
Caso Bove, il prof. Alessandro Castiglioni, Primario Cardiochirurgo del San Raffaele, risponde alle nostre domande sul defibrillatore impiantato al giovane calciatore
Lo scorso 1 dicembre, durante la partita di campionato di calcio tra Fiorentina e Inter, il giocatore Edoardo Bove (22 anni compiuti lo scorso 16 maggio) si era accasciato in campo colpito da un malore. Le immagini dell’intervento concitato di compagni e avversari a cercare di allertare lo staff medico dello stadio e prestare i primi soccorsi, circondandolo per proteggere alla vista del pubblico e delle TV il giocatore in quel momento così critico, avevano destato sensazione e fatto il giro del mondo: in questi casi, non esiste casacca né bandiera, ma solo umanità e per fortuna ogni tanto ce lo ricordiamo tutti.

Fortunatamente, il giovane giocatore della Fiorentina in prestito dalla Roma e capitano della Nazionale Under 21, nel tragitto tra lo stadio e l’ospedale Careggi, dove è rimasto ricoverato in tutti questi giorni, è stato stabilizzato dal punto di vista medico e si è poi ripreso la sera stessa senza conseguenze significative permanenti. In base alle indagini cliniche effettuate nei giorni successivi, Bove potrebbe aver subito gli effetti di un’aritmia cardiaca maligna che ha provocato un collasso temporaneo, una casistica simile (ma non uguale) a quella che aveva colpito il giocatore danese, allora dell’Inter, Christian Eriksen durante la partita Danimarca-Finlandia nel corso dei Campionati Europei nel 2021 in Inghilterra (quelli poi vinti dall’Italia).

Nella giornata di ieri, 10 dicembre, dopo attente valutazioni e col consenso dello stesso Bove, l’equipe medica del Careggi ha operato il giocatore, impiantando un defibrillatore sottocutaneo rimovibile per prevenire l’insorgere potenziale di ulteriori aritmie cardiache.
Abbiamo chiesto al professor Alessandro Castiglioni, Primario Cardiochirurgo presso l’IRCSS – Ospedale San Raffaele di Milano e professore associato dell’Università Vita-Salute San Raffaele Milano, che collabora con la nostra rivista con una rubrica fissa sull’edizione cartacea, di spiegarci nel dettaglio la patologia che è stata la presunta causa del malore di Bove e quali conseguenze l’impianto di questo apparecchio avrà per il giocatore.

Professor Castiglioni, l’indagine clinica seguita al malore subito in campo dal calciatore Edoardo Bove lo scorso 1 dicembre parrebbe aver stabilito che esso sia stato provocato da un’aritmia ventricolare con torsione di punta. In cosa consiste?
«La torsione di punta è una forma specifica di tachicardia ventricolare, che spesso è dovuta alla presenza di QT lungo. Viene definito così perché l’asse elettrico si torce intorno alla linea isoelettrica (NB: la linea isoelettrica è rappresentata dal livello orizzontale di registrazione nell’elettrocardiogramma nel momento in cui non vi è attività cardiaca, ossia durante l’intervallo tra onda T e onda P. L’onda T rappresenta la ripolarizzazione ventricolare e il QT è l’intervallo temporale misurabile sull’elettrocardiogramma tra due successive onde T, N.d.R.).
Nella maggior parte dei casi può scatenare delle vere e proprie aritmie maligne, come la fibrillazione ventricolare, e portare alla morte del paziente».

La successiva risonanza ha anche evidenziato una cicatrice sul cuore, probabilmente legata a una miocardite post Covid risalente al 2020. Può essere stata la causa dell’aritmia?
«La cicatrice, dovuta forse a una miocardite, può essere in effetti la causa di tale aritmia. Ma è necessario compiere uno studio elettrofisiologico approfondito, per essere certi del problema».
Per scongiurare il pericolo di una nuova aritmia, al giocatore è stato impiantato un defibrillatore sottocutaneo. Di cosa si tratta e come funziona?
«Il defibrillatore sottocutaneo è un piccolo dispositivo che si può inserire al di sotto dello sterno e che in caso di nuova aritmia maligna interviene e, attraverso uno shock elettrico, prova a ripristinare il corretto battito cardiaco».
Il defibrillatore sottocutaneo impiantato a Bove è di tipo rimovibile. Dopo quanto tempo e in base a quali parametri si può valutarne l’asportazione?
«La possibilità di rimozione esiste, ma solo dopo aver scoperto con certezza la causa della aritmia e averla abolita, tramite uno studio elettrofisiologico e una successiva ablazione».

In Italia, un atleta cui sia stato impiantato un defibrillatore non ottiene l’idoneità agonistica, mentre all’estero, per lo più, non vi sono le stesse restrizioni. Chi ha ragione?
«Uno sport di contatto come il calcio può in caso di trauma importante provocare il mal posizionamento del device e quindi portare come conseguenza il non essere più certi del suo funzionamento. Solo l’abolizione della vera causa può permettere il suo espianto. All’estero fa fede quello successo già nel caso del giocatore dell’Inter (Christian Eriksen, N.d.R.) che non ha ottenuto l’ idoneità sportiva per gioco del calcio a livello agonistico per proseguire la carriera in Italia e ora gioca in Inghilterra. La Federazione Italiana Giuoco Calcio ha delle regole ben eradicate nel tempo per difendere in primis la salute dei giocatori. Altre federazioni sono più permissive. A mio avviso, in questi casi solo la presenza di uno studio su un numero importante di pazienti potrebbe essere dirimente. Fortunatamente, gli episodi si contano sul palmo di una mano e non è possibile dare una giudizio univoco.
A mio parere in primo piano deve sempre essere considerata come priorità la vita del paziente».

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