
Il Mondo prega per Papa Francesco. Cosa succede, cosa succederà?
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ToggleDal Policlinico Gemelli di Roma dove è ricoverato, Papa Francesco ha esortato i fedeli a pregare per lui. Ora che il momento è critico tutta la comunità cattolica, e non solo, ha raccolto il suo invito e si è chiusa in preghiera. Ma la malattia del Pontefice apre molte domande e tanti possibili scenari.
Sono passati quasi dodici anni dalla sera del 13 marzo 2013, quando il neoeletto pontefice Jorge Mario Bergoglio si affacciò dalla loggia di San Pietro per la prima volta in veste di Papa Francesco. Primo Pontefice latino-americano della storia, il primo non europeo degli ultimi diciannove secoli e il primo appartenente all’ordine dei Gesuiti, Bergoglio per il suo saluto ai fedeli di tutto il mondo scelse un semplice e diretto “Buonasera”, in cui si racchiudeva già “in nuce” quale stile intendesse imprimere al suo Pontificato.
In questi giorni il Santo Padre, ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma dallo scorso venerdì 14 febbraio, sta affrontando una dura battaglia contro una polmonite bilaterale e uno stato di salute generale reso precario da patologie pregresse e dal peso degli anni.
Non passa giorno che non venga diramato un puntuale bollettino medico sulle sue condizioni cliniche, che a oggi restano estremamente critiche, per dare un doveroso riscontro all’apprensione con cui il mondo intero sta seguendo la degenza del Pontefice.
Un’apprensione giustificata non solo dal legittimo affetto per la persona del Papa, ma anche dalla profonda incertezza sul futuro che l’assenza prolungata del Capo della Chiesa Cattolica dal Vaticano ovviamente genera, specialmente in un anno così particolare come quello del Giubileo.
Sono tante le domande che si affollano nella mente di chi provi a figurarsi possibili scenari, a partire dalla più immediata: chi sta governando ora il Vaticano?
Ora che il Papa è impossibilitato, chi sta facendo le sue veci?

Sì perché il Santo Padre, oltre a essere una guida spirituale come Vicario di Gesù Cristo in terra, è anche Vescovo di Roma e capo della Chiesa Cattolica, quindi al vertice di una macchina amministrativa importantissima ed estremamente complessa.
Ora, premesso che la figura del Vice-Papa non esiste e che non esistono nemmeno delle norme chiare che regolino la sostituzione temporanea delle sue funzioni, sappiamo che il Codice di Diritto Canonico stabilisce che il governo della Chiesa è prerogativa esclusiva del Papa finché egli rimane in vita e in carica. Il canone 332 §2 afferma che un Papa può rinunciare al suo ufficio, ma tale rinuncia deve essere fatta liberamente e manifestata in modo chiaro.
Dunque attualmente, durante la degenza di Bergoglio al Gemelli, le funzioni amministrative e pastorali della Città del Vaticano vengono svolte dalla Curia Romana, che però è lungi dall’essere investita di pieni poteri: le decisioni di primaria importanza continuano a poter essere prese esclusivamente dal Papa.
Anche la figura del Camerlengo in questo caso non viene in aiuto, dato che il diritto canonico assegna a essa un ruolo centrale solo durante lo stato di “sede vacante”, ovvero se il Papa muore oppure rinuncia espressamente alla sua carica e fino a quando non venga eletto un nuovo Pontefice.
Le dimissioni

Oggi sono in molti a chiedersi se Papa Francesco possa considerare l’eventualità di fare un passo indietro e rassegnare le dimissioni come fece Papa Benedetto XVI prima di lui. Per il momento non se ne è ancora parlato apertamente, sebbene sia stato lo stesso Pontefice a rivelare al quotidiano spagnolo ABC l’esistenza di una lettera di rinuncia da lui firmata all’inizio del pontificato e consegnata nelle mani dell’allora segretario dello Stato Vaticano, il cardinale Tarciso Bertone, da utilizzare in caso di grave impedimento.
Inutile precisare che l’eventuale rinuncia del Santo Padre aprirebbe degli scenari di importanza cruciale per il futuro della Chiesa Cattolica.
A garanzia della continuità dell’opera di riforma della Chiesa inaugurata con il suo pontificato, Bergoglio ha nominato l’80% degli attuali cardinali elettori, ma le dinamiche del conclave sono e rimangono storicamente imprevedibili.
Che cos'è un Conclave?

L’elezione del Papa avviene attraverso il Conclave, l’assemblea dei cardinali elettori (di età inferiore agli 80 anni) che si riuniscono nella Cappella Sistina dopo la morte o le dimissioni del Pontefice. Il Conclave è regolato dalla costituzione apostolica Universi Dominici Gregis e prevede che i cardinali votino a scrutinio segreto fino a raggiungere una maggioranza qualificata di due terzi.
Dopo ogni votazione, le schede vengono bruciate: il fumo nero indica che non è stato eletto un nuovo Papa, mentre il fumo bianco annuncia al mondo l’elezione del nuovo Pontefice. Una volta scelto, il Papa accetta ufficialmente l’incarico e assume il nome con cui guiderà la Chiesa.
Chi sono i possibili successori di Papa Francesco? I candidati italiani

I nomi dei (è proprio il caso di dirlo…) “papabili” sono già sulla bocca di tutti e, seppur con la doverosa premessa che “chi entra papa in conclave, ne esce cardinale”, vale sicuramente la pena fare una breve carrellata dei possibili successori di Papa Francesco.
Tra gli italiani, innanzi tutto, c’è il cardinale progressista Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, vicino alla Comunità di Sant’Egidio e inviato speciale del Papa sul fronte ucraino, dove si è speso a lungo per agevolare il processo di pace.
Un altro nome eccellente è quello del segretario di Stato Pietro Parolin, un diplomatico di spessore e grande esperienza, considerato una figura chiave nelle relazioni internazionali della Santa Sede.
Poi abbiamo il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, forte della sua esperienza con il mondo mediorientale, potrebbe essere il candidato giusto per proseguire il dialogo interreligioso fortemente voluto da Papa Francesco.
Ma che il prossimo Papa possa essere un italiano è un’ipotesi non solo tutt’altro che scontata, ma anche molto poco probabile. I cardinali italiani, infatti, che hanno eletto per secoli tra loro il nuovo Pontefice, dal 1978 sono in netta minoranza nel Conclave, tanto è vero che gli ultimi tre pontefici sono stati il polacco Giovanni Paolo II, il tedesco Benedetto XVI e l’attuale Pontefice, Papa Francesco, di nazionalità argentina.
I candidati stranieri

Quindi diamo uno sguardo ai candidati “stranieri” (ammesso e non concesso che il termine abbia un senso quando si parla del capo della Chiesa universale)…
Dal continente asiatico arriva il cardinale arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Carismatico e molto amato, Tagle è visto come il possibile rappresentante di una svolta per la Chiesa, in senso ancora più universale e aperta ai cambiamenti globali.
Il Portogallo è rappresentato da José Tolentino Calaça de Mendonça, arcivescovo cattolico e teologo che ricopre il ruolo di Prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione. Rimanendo in Europa spicca poi il nome dell’arcivescovo di Marsiglia, il cardinale Jean-Marc Aveline, noto per il suo impegno in favore dei migranti e del dialogo interreligioso. Jean-Claude Hollerich, gesuita lussemburghese, è un altro nome da non sottovalutare: relatore del Sinodo sulla sinodalità, è visto come un cardinale aperto ai temi pastorali e sociali, in linea con le riforme di Francesco. Mentre Mario Grech, maltese, segretario generale del Sinodo, potrebbe essere una scelta per rafforzare la sinodalità nella Chiesa.
Dagli Stati Uniti emergono due nomi: Wilton Gregory, arcivescovo di Washington e primo cardinale afroamericano, noto per il suo impegno su temi di giustizia sociale, e Blase Cupich, arcivescovo di Chicago, progressista e vicino alla linea pastorale di Francesco.
Dall’America Latina ci sono Sérgio da Rocha, arcivescovo di San Salvador de Bahia, e Leonardo Steiner, arcivescovo di Manaus, molto impegnato nella protezione dell’Amazzonia e sulle tematiche ambientali in genere.
Infine, dall’Africa potrebbe emergere Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, molto impegnato su giustizia sociale e ambiente.
Il Pontificato di Papa Bergoglio

Il Pontificato di Papa Francesco si inserisce in un’epoca di cambiamenti per la Chiesa cattolica e il mondo intero e chiunque in futuro prenderà il suo posto avrà la grande responsabilità di decidere se proseguire sulla strada da lui indicata o cambiare direzione.
Una strada che Bergoglio ha intrapreso sin dall’inizio del suo Pontificato a partire dalla scelta emblematica del nome Francesco, in onore di san Francesco d’Assisi, il santo dei poveri, simbolo di umiltà e pace. Una direzione improntata su un modello di spiritualità incentrata sulle persone e non sulle istituzioni, sull’essenza del messaggio evangelico e sul rifiuto dei simboli del potere pontificio, una strada tesa alla creazione di una “Chiesa povera e per i poveri”.
In linea con questa missione, il Pontificato di Papa Francesco è il Pontificato dei viaggi apostolici, in Africa e in Asia, ma non prima di essersi recato a Lampedusa per focalizzare l’attenzione del mondo sull’emergenza migranti (“Chi ha pianto per questi morti?”, furono le sue parole emblematiche). Francesco incarna una Chiesa che non rimane confinata nelle mura del Vaticano, ma che si spinge a toccare con mano le sofferenze del mondo (“Bisogna toccare le ferite per curarle” è una delle metafore più significative utilizzate dal Pontefice).
Ma il Pontificato di Papa Francesco è stato anche segnato da un’intensa volontà di aprire il dialogo con le altre religioni del pianeta, dialogo non solo ritenuto possibile, ma ampiamente auspicato dal Pontefice, specialmente con l’Islam. Nel 2019, in occasione del viaggio pastorale negli Emirati Arabi infatti, Papa Francesco ha firmato ad Abu Dhabi il documento sulla Fratellanza Umana, un manifesto di dialogo tra cristiani e musulmani che segna una svolta nel rapporto tra le due fedi. Sulla stessa scia si colloca lo storico incontro del Pontefice in Iraq con l’ayatollah Ali al-Sistani, influente guida spirituale dell’islam sciita, un incontro che era nei programmi della Santa Sede da anni, ma che solo Papa Francesco è riuscito a realizzare.
Anche all’interno di Santa Romana Chiesa Papa Francesco si è fatto promotore di importanti riforme strutturali, a partire dalla Curia romana. Ha affrontato lo scandalo della pedofilia nel clero, ha riformato il Codice Penale vaticano, si è fatto artefice di una profonda riorganizzazione dello IOR, la banca del Vaticano, e ha promosso una maggiore partecipazione delle donne nella gestione della Chiesa.
E se tante riforme sono rimasta incompiute a causa delle forti resistenze incontrate all’interno della Chiesa che lo ha bollato come Papa eccessivamente “progressista”, se l’apertura nei confronti dell’omosessualità è stata considerata dalla comunità LGBTQ+ come un nulla di fatto (“Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla”, furono le parole del Pontefice), se non ha concesso nessuno spiraglio di cambiamento su temi come il celibato sacerdotale, l’aborto o l’eutanasia, il Pontificato di Papa Francesco resta senza alcun dubbio un percorso fortemente innovativo caratterizzato dalla sua grande personalità.
Il Papa arrivato “quasi dalla fine del mondo” ha incarnato e incarna un faro, un punto di riferimento spirituale e morale a cui guardare in questi anni segnati da crisi economiche, pandemie, terribili guerre e malcelati genocidi.
L’immagine di Papa Francesco che nel 2020, nel pieno dell’emergenza Covid 19, prega in una Piazza San Pietro deserta resterà impressa nella memoria come il simbolo indelebile della nostra epoca, come l’emblema eterno di uomo solo, di un cristiano, che con fede, coraggio e determinazione ha cercato di prendere sulle sue spalle tutto il dolore del mondo.

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