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Ilaria, Sara e un "doppio" femminicidio che deve scuoterci
Attualità

Ilaria, Sara e un “doppio” femminicidio che deve scuoterci

Roberto Foti
Roberto Foti
Aprile 3, 2025

Sgomenti di fronte all’efferatezza e alla crudeltà con cui sono state strappate alla vita, ci interroghiamo sul femminicidio di due giovani ragazze che avevano davanti a sè tutta la vita e la possibilità di inseguire i propri sogni. Perché questa non è solo cronaca…

A meno di un mese di distanza dalla ricorrenza dell’8 marzo, quando volano e si spendono tante parole, a volte sentite, a volte retoriche, e fioccano tanti riconoscimenti sul potere, la forza, la classe, l’eleganza delle donne e qualsiasi altro attributo positivo vi venga e ci venga in mente, ci piomba ancora una volta addosso con tutta la sua crudezza e il suo senso di inevitabilità la realtà: con le notizie, quasi in contemporanea, del ritrovamento del cadavere di Ilaria Sula, l’universitaria che era scomparsa a Roma lo scorso 25 marzo, senza lasciare tracce, dall’appartamento del quartiere San Lorenzo in cui abitava con le sue coinquiline, e dell’accoltellamento in strada, a Messina della giovane universitaria Sara Campanella raggiunta e uccisa, dopo aver seguito una lezione al Policlinico da un conoscente, di 5 anni più grande.

Leggeremo, nei prossimi giorni, morbosamente, tutti i dettagli che già stanno venendo alla luce. Di come Ilaria, 22enne studentessa in Scienze Statistiche presso l’università La Sapienza di Roma, sia stata uccisa dall’ex, Mark Antony Samson, di 23 anni, presso la sua abitazione nel Quartiere Africano, zona nord di Roma; di come, al momento dell’omicidio, fossero presenti in casa anche i genitori del 23enne, che sono stati per questo motivo accompagnati in questura per essere ascoltati. Di come l’assassino si sia liberato dell’arma, un coltello, in un’altra zona di Roma (Monte Sacro) e del cellulare di Ilaria in un tombino. Di come, nei giorni successivi alla scomparsa, aveva addirittura consolato il padre della ragazza. Di come il corpo senza vita di quest’ultima sia stato rinvenuto all’interno di una valigia scagliata in un dirupo in un bosco nei pressi della sperduta località di Poli, a 40 Km da Roma.

Ilaria Sula, studentessa 22enne, era scomparsa da Roma, dove studiava, il 25 marzo scorso.
Ilaria Sula, studentessa 22enne, era scomparsa da Roma, dove studiava, il 25 marzo scorso.

E leggeremo anche dell’omicidio, ancor più spietato ed efferato per la semplice dinamica con cui è avvenuto, della giovane Sara, studentessa di Messina, anche lei 22enne, che si sarebbe laureata entro pochi mesi in Tecniche di Laboratorio Biomedico e ha cercato disperatamente di fuggire dal suo destino: da quel ragazzo, Stefano Argentino, che conosceva da tempo, anche lui studente fuoricorso in Biotecnologie, che non aveva accettato un rifiuto alle sue avances e da oltre un anno la perseguitava. Di come lui l’abbia aspettata al termine della lezione, l’abbia raggiunta camminandole al fianco per strada, di come sono spariti dietro un cartellone pubblicitario nei pressi dello Stadio di Messina, in viale Gozzi, per poi ricomparire nei pressi di una fermata dell’autobus, quando lui aveva in mano un oggetto. Di come lei sia stata ferita alla gola, più volte. Di come esistano, pare, dei video che ritraggono gli ultimi istanti di vita della ragazza. Di come lui sia poi fuggito nella casa di vacanza nei pressi di Noto, a 180 km dal luogo del delitto. Di come la polizia lo abbia trovato e lui sia apparso sorpreso, ma alla fine avrebbe confessato durante l’interrogatorio di garanzia.

Quello che non leggeremo oggi e domani (per qualcuna, purtroppo, non ancora, per molte, si spera, mai), sono le migliaia di occhiate, di allusioni, di avances più o meno sottintese, di sguardi abbassati per quieto vivere, di velate o reali minacce, di piccoli e grandi abusi che ogni giorno avvengono intorno a noi, a volte senza che ce ne rendiamo conto e ci pensiamo, o a volte essendone in parte complici, afflitti da codardia, menefreghismo o persino connivenza.

Quante donne sono, stasera, adesso, mentre leggete, anche loro a un passo dal loro destino e non lo sanno ancora? Quante donne lo sono state e l’hanno scampata magari per un’inezia che ha fermato l’intenzione nella testa di altrettanti assassini in pectore che per fortuna si sono bloccati in tempo, almeno fino a oggi? E quante piccole azioni e parole apparentemente innocue, dette e pensate quotidianamente, ogni ora, ogni minuto, in ogni piccola circostanza, contribuiscono poi a dare a quel singolo assassino quel sufficiente senso di immunità, di potere squilibrato, di “diritto” a decidere della vita altrui, di non comportarsi come pari, ma come carnefice?

Oggi, “a meno di un mese di distanza dalla ricorrenza dell’8 marzo, quando volano e si spendono tante parole, a volte sentite, a volte retoriche, e fioccano tanti riconoscimenti sul potere, la forza, la classe, l’eleganza delle donne e qualsiasi altro attributo positivo vi venga e ci venga in mente” (la citazione dell’incipit è voluta), ci piomba addosso l’ennesimo strattone alla nostra bella visione del mondo, di un mondo che va avanti, di un mondo che migliora, di anno in anno, di un mondo in cui non c’è emergenza femminicidi perché i dati sarebbero, invece, in calo. Ci piomba addosso la notizia di un doppio femminicidio avvenuto così, con una semplice dinamica. Un uomo si propone, la donna non ci sta, o dopo esserci stata decide di troncare e lui diventa preda di un’ossessione.

Sara Campanella (22 anni), non aveva mai avuto alcuna relazione con il suo assassino, ma lui la tormentava da due anni.
Sara Campanella (22 anni), non aveva mai avuto alcuna relazione con il suo assassino, ma lui la tormentava da due anni.

Quante storie accadono così, allo stesso modo, e alla fine per fortuna non succede nulla? Perché, invece, Ilaria? Perché, invece Sara? Perché, questa semplice, dinamica non cerchiamo, tutti, di troncarla al “lei decide di troncare”?

Perché non riusciamo a creare una società di maschi risolti, che godono del piacere delle proprie conquiste così come le donne godono del piacere di averli a loro volta conquistati, ma non ne necessitano morbosamente? Che prendono atto di un rifiuto e passano oltre?

E perché non riusciamo a creare una società di donne che non debbano voltarsi di scatto a ogni passo, che non debbano sentirsi costantemente prede come passerotti circondati da falchi, che non debbano sussultare se uno sconosciuto, per caso, di notte, fa lo stesso loro tragitto e non ha l’accortezza di cambiare marciapiede, che non debbano sottrarre energie alle loro ambizioni, ai loro talenti, per difendersi da attacchi che forse non avverranno mai, ma che basta che avvengano una volta di troppo?

 

Danzare costantemente con la morte, accettare il rischio di conoscere, di esplorare il mondo. O annullarsi, farsi piccole, per nascondersi alla vista e cercare di passare inosservate. Non è una scelta. Anche se ammantata di parole retoriche, di diritti sulla carta, di proclami, di piccoli e grandi progressi, non è una scelta accettabile. Non è vita, questa.

Intanto non è davvero più vita per due ragazze di ventidue anni a cui in luoghi e tempi diversi nel nostro Paese sono stati strappati i sogni troppo presto.

E così i nomi di Ilaria, di Sara si aggiungono ai nomi di Giulia, di Chiara, di Siu, forse di Liliana, forse di Pierina, e di chissà quante migliaia di nomi, tutto il calendario, anche quelli che non ci sono, nel calendario, le Marlene, le Nigelle, che magari non sono mai giunti all’onore (“onore”…) delle cronache e anche di tutte le Fatima, le Nadhezdha, le Josephine del mondo.

Una lista infinita, in cui ognuno può aggiungere un nome a caso, perché una volta, in qualche tempo e in qualche luogo, una ragazza con quel nome è stata molestata, è stata perseguitata, è stata uccisa, o semplicemente si è sentita indifesa.

 

Nessuno dei due ha saputo "spiegare"

Ilaria, Sara e un "doppio" femminicidio che deve scuoterci
Mark Samson (23 anni), aveva avuto con la sua vittima, Ilaria Sula (22), una relazione di circa un anno. Nel suo appartamento sono stati trovati un coltello, presunta arma del delitto, e copiose tracce di sangue (ripulite).
Ilaria, Sara e un "doppio" femminicidio che deve scuoterci
Stefano Argentino (26 anni) non ha mai avuto una relazione con Sara Campanella (22), sua compagna di corso all'università. Dopo un tentativo di fuga, ha confessato il delitto.

Di entrambi i delitti colpisce un particolare: né Mark Samson né Stefano Argentino hanno voluto, finora, spiegare “perché” abbiano ucciso. Cioè, noi tutti lo immaginiamo, ce lo raffiguriamo, lo “capiamo”, se così si può dire, cosa è scattato. Ma loro, al di là delle motivazioni legali che ci possono essere dietro al silenzio di un indagato, loro quella informazione la ritengono nella loro testa, nel loro cervello, nella loro bocca, nei loro occhi. Ma non riescono a formularla. Rimangono impassibili, inebetiti dalla loro ottusa pochezza. La stessa reazione di un Turetta, che fugge per ore, giorni e poi rimane immobile, accostato su un’auto su un’autostrada in Germania perché ha finito la benzina. Non è neanche negazione. È sgomento. Orrore dall’essersi guardati allo specchio.

E allora, tutti noi, guardiamoci allo specchio prima. Guardiamoci dentro prima, non dopo. Guardiamoci dentro come società. Guardiamoci dentro come persone. Guardiamoci dentro prima che venga compiuto, da noi, o da chi anche solo minimamente captiamo potrebbe farlo, qualsiasi atto irreversibile.

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