
Dopo quello di dicembre, è atteso per la metà di gennaio un nuovo boom di contagi...
Come ogni anno, quando la colonnina di mercurio si abbassa, ci troviamo a fare i conti con la tanto odiata e temuta influenza. Malattia che segue un andamento tipicamente stagionale: in Italia normalmente l’influenza fa la sua comparsa a dicembre per poi allentare la morsa a fine febbraio, facendo però registrare uno o più picchi di massima intensità.
L’influenza 2025 è particolarmente temuta perché sembrerebbe causare dei sintomi più severi e dare più facilmente adito a complicanze.
Ma cosa dobbiamo aspettarci e come possiamo affrontarla al meglio? Ne abbiamo parlato con la dottoressa Claudia Castro, medico internista e di medicina generale di Roma.

Dottoressa Castro, per prima cosa vorrei chiederle che relazione c’è esattamente tra il freddo e l’influenza? La classica “infreddata” può farci ammalare di influenza?
«No, non può. L’influenza è causata da un virus, non dal freddo. Il freddo però aumenta la circolazione dei virus e abbassa le nostre difese immunitarie».
Quale è stato l’andamento dell’influenza sino a ora e cosa dobbiamo aspettarci?
«Lo scorso dicembre si è registrato un incremento importante di contagi, poi la situazione è migliorata, probabilmente grazie alla chiusura delle scuole, anche se le festività natalizie hanno poi incrementato di nuovo il numero di casi a causa delle riunioni tra amici e parenti. Ma il vero picco è atteso a metà gennaio».
Quali sono i virus responsabili dell’influenza di quest’anno?
«Abbiamo il Ceppo A e il Ceppo B. Nel ceppo A distinguiamo il virus H1N1 e il virus H3N2. Quest’ultimo è il responsabile della cosiddetta influenza “australiana”, particolarmente temuta quest’anno perché sembra responsabile di sintomi più severi e di possibili complicanze, anche se fino a ora non mi è capitato di riscontrarla nella mia attività clinica».


Quali sono i sintomi tipici di questa influenza?
«L’esordio prevede una febbre improvvisa e alta (anche 39,5) non preceduta da altri sintomi e che dura diversi giorni. Poi abbiamo la tosse, che può essere sia secca sia grassa, i dolori muscolari, il mal di gola e la congiuntivite».
Quanto dura e qual è il periodo d’incubazione?
«Il periodo d’incubazione può variare da un giorno a quattro giorni, mentre l’influenza dura sette-otto giorni circa».
Quali sono le possibili cure?
«L’influenza si cura solo con gli antipiretici (il paracetamolo, per intenderci) e con i mucolitici per fluidificare la tosse (la molecola indicata è N-acetilcisteina). Gli antipiretici andrebbero assunti a partire dai 38 – 38,5 gradi di febbre. I mucolitici non devono essere confusi con i sedativi della tosse, che invece sono del tutto inutili. La tosse non deve essere “calmata” perché è un fenomeno fisiologico, una reazione del nostro organismo all’irritazione delle ciglia vibratili dell’apparato respiratorio che non consente al muco di essere espulso. Quindi la tosse deve essere sciolta, il muco fluidificato in modo da consentire al nostro organismo di espellerlo».
E gli antibiotici, invece, possono servire?
«Gli antibiotici non servono a curare l’influenza, che ha un’origine virale. Possono essere prescritti dal medico curante nel caso in cui insorgano complicanze causate da sovrainfezioni batteriche. Ma no al “fai da te”. Ripeto, devono essere assunti dal paziente solo dopo essersi sottoposto a una visita medica e solo se il medico glieli prescriva».
Quali sono queste possibili e temute complicanze?
«Una complicazione molto temuta dell’influenza di quest’anno è l’encefalite, ovvero un’infiammazione dell’encefalo, per fortuna però sino a ora non mi è capitato di diagnosticarla. Poi le complicazioni più comuni sono le bronchiti e le broncopolmoniti, quindi le infezioni delle basse vie respiratorie. Purtroppo, abbiamo notato che queste complicanze, negli ultimi due o tre anni, stanno diventando sempre più frequenti».
A cosa è dovuta, secondo lei, questa maggiore incidenza?
«I virus sono diventati più aggressivi. Inoltre, dopo due anni di uso delle mascherine a causa del Covid, le difese immunitarie della popolazione si sono indebolite».
A cosa dobbiamo fare attenzione per capire se stiamo andando incontro a delle complicanze?
«Una febbre che persiste troppo a lungo, oppure che sembra scomparire per poi ritornare, ma anche una tosse insistente: sono tutti campanelli d’allarme che devono indurci a contattare il medico curante e a farci visitare».

Al di là dei farmaci, ci sono accortezze che possiamo adottare per guarire più in fretta?
«Senz’altro è importantissimo mantenere una buona idratazione, quindi bere molto. E poi concedersi il giusto riposo: sconsiglio di affrettarsi a tornare al lavoro se non ci si è ristabiliti completamente, anche perché si rischia di contagiare altre persone».
C’è qualche comportamento che possiamo adottare per evitare di prendersi l’influenza?
«Sì, seguire le regole che abbiamo imparato durante la pandemia di Covid: lavare frequentemente e accuratamente le mani ed evitare luoghi chiusi e affollati».
Le mascherine possono aiutare anche contro l’influenza?
«Consiglio l’uso delle mascherine solo alle persone più fragili che rischiano maggiormente le complicanze, quindi a chi ha più di 65 anni o a chi è immunodepresso perché soffre, ad esempio, di patologie cardiovascolari, oncologiche o ai soggetti che hanno un’insufficienza respiratoria».

Parliamo del vaccino antinfluenzale: a chi è indicato?
«Il vaccino antinfluenzale deve essere somministrato alle persone che hanno più di 60 anni, alle persone cosiddette “fragili”, perché soffrono di patologie che ne compromettono il sistema immunitario, alle donne in gravidanza (a qualsiasi settimana di gestazione si trovino) e ai bambini di età inferiore ai 6 anni».
Ci sono controindicazioni?
«Le controindicazioni riguardano reazioni allergiche pregresse causate dalla somministrazione di un precedente vaccino, oppure se c’è uno stato febbrile in corso: in quest’ultimo caso non è possibile sottoporsi al vaccino, che deve essere posticipato di almeno dieci giorni».
Fino a quando ha un senso vaccinarsi?
«La finestra ottimale per vaccinarsi va da metà ottobre a fine dicembre. I vaccini sviluppano la loro piena efficacia dopo circa due settimane dalla somministrazione e restano efficaci per circa sei otto-mesi. Ciò non toglie che la Asl raccomandi il vaccino fino a quando non si sia raggiuto il picco influenzale, dopo però non ha proprio più senso».
I vaccini funzionano davvero?
«Sì, funzionano davvero. Anche se devo dire che quest’anno qualche vaccinato si è ammalato lo stesso, anche se ovviamente con forme leggerissime».

Oltre che di influenza continuiamo ad ammalarci di Covid, anche se in modo meno grave. È ancora sempre necessario sottoporci al tampone per sapere se abbiamo il covid o l’influenza.
«Anche in questo caso il tampone è indicato per le persone di età superiore ai 65 anni e per i soggetti fragili. Questo perché per questi soggetti, nel caso in cui abbiano contratto il Covid, potrebbe esserci l’indicazione a una terapia antivirale».
Influenza, Covid… cos’altro c’è in giro?
«Ci sono sempre i virus parainfluenzali, ovvero il rinovirus e l’adenovirus, che causano dei sintomi simili a quelli dell’influenza, ma un po’ diversi».
Ovvero?
«La febbre è meno elevata in genere e non compare “dal nulla”, ma è accompagnata o preceduta da altri sintomi, soprattutto rinite, sinusite e, anche in questo caso, tosse. Non è sempre facile però distinguerle».
Grazie dottoressa Castro.

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