
Inizia il Giubileo, Papa Francesco apre le porte ai fedeli
Nel tardo pomeriggio della Vigilia di Natale, Papa Francesco è stato accompagnato in sedia a rotelle presso la porta principale della Basilica di San Pietro per compiere il gesto simbolico dell’apertura e dare così inizio all’Anno Santo. Dietro di lui non solo le preghiere dei fedeli ma anche i canti della Schola della Cappella Sistina che hanno intonato i seguenti versi: «È questa la porta del Signore. Per essa entrano i giusti. Entro nella tua casa, Signore. Mi prostro verso il tuo tempio santo. Apritemi le porte della giustizia. Vi entrerò per ringraziare il Signore.» Il Pontefice è stato il primo ad attraversare la Porta Santa che, secondo il rito, avrebbe il dono di rimettere tutti i peccati; dopo di lui altri 54 fedeli in rappresentanza di altrettante nazioni del mondo. Insieme alla Porta di San Pietro è stata aperta come da tradizione anche quella delle altre Basiliche maggiori: San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo.

«Questa è la notte in cui la porta della speranza si è spalancata sul mondo», sono state le prime parole del Pontefice. «Questa è la notte in cui Dio dice a ciascuno: “C’è speranza anche per te!” – prosegue il Papa – Una speranza che richiede di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nella pigrizia. La speranza non è morta, la speranza è viva e avvolge la nostra vita per sempre.» È proprio la speranza il tema fondamentale di questo Giubileo ordinario tanto atteso e seguito. Secondo i dati ufficiali forniti dalla Santa Sede, alla cerimonia di apertura in San Pietro hanno partecipato 6 mila fedeli dentro la Basilica e 25 mila nella piazza. Sono intervenuti Giorgia Meloni e le delegazioni di San Marino e dell’Ordine di Malta, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca e il presidente di Stellantis John Elkann.
Il Giubileo come lo intendiamo noi nasce nel Medioevo; il primo risale al tempo di Papa Bonifacio VIII che lo indisse il 22 febbraio 1300. Vi prese parte anche Dante Alighieri durante un’ambasceria a Roma ed è lui stesso a raccontare nella Commedia di aver visto così tanta gente da poter fare un paragone con la quantità di dannati incontrati tra le Malebolge infernali. Ma il concetto di “anno santo” è ancora più antico. La legge di Mosè sanciva che il popolo ebraico ogni 50 anni cessasse ogni attività per rendere omaggio a Dio, far riposare la terra, restituire le terre confiscate e liberare gli schiavi. L’inizio di quel periodo di devozione e di perdono era scandito dal suono di un corno d’ariete dal nome jobel, da cui deriverebbe il termine Giubileo.

Certo quella che è una festa per l’anima di ogni buon cristiano è stata l’incubo per ogni automobilista romano costretto a destreggiarsi tra deviazioni creative e cantieri eterni, mettendo alla prova anche il più paziente in anelito di santità. L’uomo penitente del terzo millennio non è quello che incrocia la spada del Saladino, ma colui che tenta di attraversare nell’ora di punta ponte Principe Amedeo per impegnare il tratto di Lungotevere dei Fiorentini. In effetti, ogni volta ci si prova a rendere Roma una città efficiente e a prova di turista; investimenti miliardari, infrastrutture migliorate e piani ambiziosi, promettono di rivoluzionare il trasporto pubblico e di ridurre il traffico. Se questa volta ci siano riusciti lo lasciamo giudicare a voi. Ma il Giubileo è anche occasione di grandi affari, per il commercio, la ristorazione e il grande business dell’ospitalità.

Lo storico Matteo Villani scriveva nel 1350 che durante l’anno santo «i romani tutti eran fatti albergatori» lamentando poca cura nel trattare gli stanchi pellegrini. Nel 1675 Papa Clemente X ribadì il divieto, già messo per iscritto un secolo prima da Gregorio XIII, di aumentare i prezzi degli alloggi o, peggio, di sfrattare i cittadini per far posto ai pellegrini. Il Giubileo più ricco che si ricordi fu quello del 1450, anche per le casse del magnate fiorentino e tesoriere papale Cosimo de’ Medici. Con un colpo di genio Papa Niccolò V si inventò che, anche qualora non si fosse riusciti a raggiungere Roma, si sarebbe potuta ottenere l’indulgenza plenaria pagando. Ma l’apice dell’avidità del porporato si ebbe indubbiamente con Papa Alessandro VI Borgia, quello che ebbe relazioni affettive e figli prima e durante il pontificato. Mentre fu lui a decidere il cerimoniale dell’apertura delle quattro porte sante durante il Giubileo, fu anche quello che nominò il figlio Cesare gonfaloniere e capitano generale di Santa Romana Chiesa. Di sacro quel Giubileo ebbe ben poco, tanto che vennero organizzate persino delle corride in Piazza San Pietro.
Oggi non ci sono più i tori ma gli smartphone, i selfie, i social e le recensioni dei tanti ristoranti dal menù turistico. Eppure, c’è qualcosa di irresistibilmente romantico in questa macchina organizzativa che traballa ma non si ferma mai. Forse è la consapevolezza che il Giubileo non è solo un evento religioso, ma anche una gigantesca metafora dell’Italia stessa: un Paese che, nonostante le difficoltà, riesce sempre a tirare fuori il meglio di sé nei momenti più improbabili. Ci prepariamo dunque a vivere quest’evento con il solito spirito di improvvisazione che ci contraddistingue, con tanta fede, speranza, ottimismo e, perché no, anche un buon piatto di amatriciana.
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