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Federico Buffa (65 anni) è nato a Milano il 28 luglio 1959. Dopo essere diventato avvocato, si è ritrovato in giovane età quasi per caso a percorrere la carriera da telecronista delle gare di basket. Insieme al collega Flavio Tranquillo ha dato vita a una delle coppie di commentatori più amate dagli appassionati di basket, per poi passare alla narrazione dello sport, con uno stile evocativo e ricco di aneddoti e riconoscimenti unanimi. Negli ultimi anni ha affiancato la carriera di narratore in teatro con diversi spettacoli incentrati sul racconto di figure carismatiche e grandi eventi dello sport e non solo.
IntervisteArte e Spettacolo

Federico Buffa: «Raccontando lo sport, racconto la vita»

Roberto Foti
Roberto Foti
Giugno 8, 2025

In questo articolo

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    • Come tutto è cominciato
    • Una carriera… “fuori controllo”
  • Federico Buffa e… il vino
    • Il tour nei teatri
    • Progetti e idee per il futuro
    • Un cuore diviso tra Giappone e America Latina
    • Da Francesco a Leone
  • Le telecronache a due voci con Flavio Tranquillo
  • Federico Buffa e… la tecnologia
  • Tiri liberi… enologici

Il giornalista di Sky, che è in tour con vari spettacoli incentrati su storie sportive e sarà ospite il 28 giugno della rassegna "Sorsi d’autore", si racconta a Mio. «La mia carriera? Una traiettoria di cui non ho mai avuto il controllo»

Federico Buffa racconta… Federico Buffa. Per chi ama lo sport e i programmi sportivi, il suo nome evoca programmi diventati già culto, telecronache scoppiettanti delle gesta dei grandi campioni del basket a stelle e strisce, racconti epici della storia dei grandi eventi sportivi, iperboli ricercate e raffinate con cui delineare le personalità dei protagonisti dei suoi racconti, antologia delle grandi figure dello sport mondiale entrate nel mito, Michael Jordan, Kobe Bryant, Mohamed Alì, Maradona, ma anche ricerca di chicche e personaggi particolarissimi che hanno segnato nel loro piccolo la storia del proprio sport, come il Cesarini funambolo oriundo argentino, cui ci si riferisce nell’espressione – cara ai commentatori sportivi- “zona Cesarini” (per indicare i goal o le vittorie giunte negli ultimi minuti di gara, o proprio “fuori tempo massimo”), o il Tommie Smith che alza il pugno col guanto nero sul primo gradino del podio dei 200m alle Olimpiadi di Città del Messico nel ‘68.

Il critico televisivo Aldo Grasso lo ha definito un “narratore straordinario, capace di fare vera cultura, cioè di stabilire collegamenti, creare connessioni, aprire digressioni”. I suoi programmi su Sky, spesso chiamati con il titolo Federico Buffa racconta… seguito da vari accostamenti che andavano dai Mondiali di calcio alle Olimpiadi a singoli atleti amati dal pubblico come Gigi Riva, hanno innovato il racconto dello sport. Lui, però, non dimentica la sua grande passione, il basket, che in qualche modo ne ha segnato, a più riprese, la vita professionale.

Lo “intercettiamo” in treno, mentre si sposta tra un impegno e l’altro dei tanti che caratterizzano la sua agenda, che vede in programma anche la sua presenza come ospite, il prossimo 28 giugno, a un talk con Dario Vergassola (che abbiamo intervistato per l’edizione cartacea di Mio che troverete in edicola dal prossimo 26 giugno) all’interno della rassegna Sorsi d’autore, presso Villa Piva, detta dei Cedri, in quel di Valdobbiadene (Tv).

Come tutto è cominciato

 Intanto, conosciamoci, per i lettori di Mio che non hanno confidenza con lo sport: chi è e “come nasce” Federico Buffa?

Liceo classico milanese – il Manzoni. Poi Giurisprudenza e una non ben definita professione di avvocato: ho fatto l’esame da procuratore, ma in realtà non sono mai andato in udienza, lavoravo nella contrattualistica. Senonché, io ho una passione sconsiderata per il gioco della pallacanestro e quando quelli che stanno scrivendo la sceneggiatura della tua vita ti hanno preso in simpatia, senza nessun motivo, il basket diventa il lavoro della vita e mi dà l’opportunità di coniugare il mondo americano e il mondo italiano, in contratti che tenessero conto di entrambi i sistemi giuridici. In quel periodo guadagno piuttosto bene, lascio casa e mi compro una casa a 25 anni, cosa non del tutto normale per un ragazzo italiano… Certo, ci sono stati momenti in cui ho dovuto deglutire un po’ amaro, perché entravo in un mondo di denari e il mondo dei denari non scorre facile: ci sono dei compromessi da fare e tu invece vorresti essere uno duro e puro. Per farla breve, fondo una società con un collega, poi quando la società si scioglie io ho il patto di non concorrenza ai sensi della legge italiana e a quel punto, però, non so cosa fare.
Ho 33, 34 anni… ma lo sceneggiatore della mia vita mi ha molto a cuore: mi arriva una telefonata da un mio ex compagno di squadra, nonché amico, Andrea Bassani, che è all’epoca direttore di Tele+ (la “zia” di Sky, per dir così), in cui mi chiede: “Senti, verresti qui a commentare le partite del College basket americano”? Io non lo faccio neanche arrivare al “Verresti qui”… e da lì la mia carriera, che non è una carriera, è una traiettoria, è diventata questa. Tele+ diventa Sky, e io ho potuto commentare il College basket e poi l’NBA, finché il Direttore ha deciso che non dovevo più commentare, ma passare alla narrazione… il che ci porta a questa intervista. 

Ha parlato di compromessi. Senza scendere nei particolari, c’è stato un momento in cui è dovuto scendere a compromessi, o in cui si è pentito di non averlo fatto?

Entrambe le cose. I compromessi vanno in tutti e due i sensi, quando li devi accettare o quando non li vuoi accettare. Io non sono molto bravo in nessuna delle due specialità! Ho sbagliato ripetutamente. Diciamo che… quando mi sono accorto che non ero più adatto al mondo iniziale dell’avvocatura e dei contratti mi sono fatto da parte. Però facendolo rischiavo, perché dovevo inventarmi un altro mestiere. In un altro caso ho ritenuto che non fosse giusta la mia collocazione in una trasmissione troppo più grande di me, che era Sky Calcio Show alla domenica pomeriggio, prendendo il posto di Mario Sconcerti, una leggenda del giornalismo scritto e televisivo. Io non ero in grado di fare quel mestiere lì e “me ne sono accorto male”… mi sono comportato anche male: mi sono seduto sul suo scranno e ho fatto un’orrenda trasmissione. A questo punto mi sono vergognato di me e della parte di me che non controllo, che c’è e ogni dieci anni compare. Per fortuna ogni dieci anni. Ma, quando compare, non la controllo…

Quando è successo l’ultima volta?
Recentemente. Ma per fortuna non era in pubblico. È questo daimon che ho dentro, che ogni tanto si ritiene in dovere di uscire… In quel caso lì però era pubblica, la si può ancora vedere cercandola sul web. Io a quel punto lì ho presentato le mie dimissioni a Sky. Dimissioni non accolte, ma avrebbero potuto fare quel che volevano, farmi causa… di tutto! E invece mi hanno tenuto e mi hanno “salvato la vita” dal punto di vista professionale. Ma hanno scelto di trasferirmi da un’altra parte, sempre a Sky. Però è stata la mia fortuna, perché da una voce sono definitivamente diventato un volto e quando diventi riconoscibile cambiano le prospettive.

Federico Buffa (65 anni) è nato a Milano il 28 luglio 1959. Dopo essere diventato avvocato, si è ritrovato in giovane età quasi per caso a percorrere la carriera da telecronista delle gare di basket. Insieme al collega Flavio Tranquillo ha dato vita a una delle coppie di commentatori più amate dagli appassionati di basket, per poi passare alla narrazione dello sport, con uno stile evocativo e ricco di aneddoti e riconoscimenti unanimi. Negli ultimi anni ha affiancato la catrriera di narratore in teatro con diversi spettacoli incentrati sul racconto di figure carismatiche e grandi eventi dello sport e non solo. - Foto: © Kikapress
Federico Buffa (65 anni) è nato a Milano il 28 luglio 1959. Dopo essere diventato avvocato, si è ritrovato in giovane età quasi per caso a percorrere la carriera da telecronista delle gare di basket. Insieme al collega Flavio Tranquillo ha dato vita a una delle coppie di commentatori più amate dagli appassionati di basket, per poi passare alla narrazione dello sport, con uno stile evocativo e ricco di aneddoti e riconoscimenti unanimi. Negli ultimi anni ha affiancato la carriera di narratore in teatro con diversi spettacoli incentrati sul racconto di figure carismatiche e grandi eventi dello sport e non solo. - Foto: © Kikapress

Una carriera… “fuori controllo”

Al di là degli episodi, cosa ha trasformato il mestiere e la passione del racconto sportivo in narrazione vera e propria? Quando c’è stato il passaggio tra giornalista e “storyteller”?

In realtà non ho mai deciso io: tutto quello che ho fatto nella mia vita me l’hanno sempre chiesto. In quel caso lì il direttore dell’epoca, all’epoca della divisione Calcio, oggi direttore di Sky Sport (Federico Ferri, n.d.r.) mi disse: “Ho deciso che non farai più le telecronache ma che devi andare al mondiale in Brasile”. Solo che io non volevo andare al Mondiale, a Brasile 2014! Semmai sarei voluto andare alle Olimpiadi 2 anni prima, perché essendo “baskettaro” volevo vedere la più bella finale di tutti i tempi, ossia Stati Uniti-Spagna del 2012 a Londra, ma non me l’hanno fatto fare. Poi però aggiunse che avrei dovuto fare qualcosa che giustificasse il fatto che lui diceva alla redazione che io – che ero arrivato “ieri”, con decorrenza “domani” – andavo al Mondiale al posto di gente che sognava di farlo da quattro anni. E quindi mi hanno inventato un programma che si intitolava Storie Mondiali, che io avevo già fatto in realtà alla radio svizzera. Io ho proposto di fare i Mondiali del ‘900, chiesi proprio come condizione che non ci fossero i Mondiali dal 2000 in poi, e loro han detto sì. E se tu sei chiamato a narrare storie di calcio epiche, perché di fatto i Mondiali sono epici… C’erano immagini in bianco e nero, anche cose degli anni ‘30, costosissime, per i cui diritti devi chiedere alla FIFA, cose così. Ho rivisto solo una puntata, anzi due, di quelle 10 che ho fatto, ma più che altro volevo vedere com’erano riusciti a rendere le immagini. Però a quel punto, finiti i Mondiali, io non potevo più tornare a fare le cose che facevo prima e sempre loro, i capi, si sono inventati dei programmi di divulgazione sportiva che poi… sono il motivo per cui stiamo chiacchierando adesso.

È stato tutto un po’ imprevisto, quindi…

Più che imprevisto, incontrollato, nel senso di “non controllato da me”. L’unica alternativa sarebbe stata dire “no” e andarsene. Per cui io non ho controllato nulla di tutti questi passaggi.

Nel passaggio da commentatore a narratore, su quale aspetto ha basato il “nuovo mestiere”?

La mia formazione umanistica. Essendo stato formato in maniera umanistica da mio padre e dalle scuole che ho fatto, penso sempre che non si possa prendere lo sport in se stesso e commentare solo quello, ma che vada collocato nelle vite degli uomini e delle donne e nei periodi storici degli uomini e delle donne. E quello che ho cercato di fare fin dall’inizio e faccio ancora adesso, è dare una collocazione alla storia e non prendere la storia da sola.

La rassegna "Sorsi d'autore", oltre ad assaggi, degustazioni e iniziative a tema enologico e gastronomico, ospiterà dei prestigiosi "talk" con personaggi del mondo dell'informazione e dello spettacolo nello scenario di prestigiose ville venete per tutto il mese di giugno. Il 28 di questo mese sarà la volta di Federico Buffa, che dialogherà con Dario Vergassola presso Villa Piva, detta "dei Cedri", a Valdobbiadene (Tv)
La rassegna "Sorsi d'autore", oltre ad assaggi, degustazioni e iniziative a tema enologico e gastronomico, ospiterà dei prestigiosi "talk" con personaggi del mondo dell'informazione e dello spettacolo nello scenario di prestigiose ville venete per tutto il mese di giugno. Il 28 di questo mese sarà la volta di Federico Buffa, che dialogherà con Dario Vergassola presso Villa Piva, detta "dei Cedri", a Valdobbiadene (Tv)

Federico Buffa e… il vino

Ritorno al presente: il 28 giugno dialogherà con Dario Vergassola nella rassegna Sorsi d’autore. Intanto… è preparato alla sua raffica di domande?

Per fortuna sono vaccinato! Anche perché mi ha già preso per il… tre o quattro volte. Almeno so cosa aspettarmi, a meno che non mi faccia un paio di domande nuove. Ma nel contesto di come lui ti deride ovviamente devi essere complice e non ho nessun problema a farlo. Adoro Dario, è brillante, arguto, originale e ha comunque sempre un profilo mai aggressivo, è più divertito lui di chi ascolta – e ce ne vuole, bisogna impegnarsi! Quindi è un piacere farlo con lui, è una persona che stimo molto, umanamente e professionalmente.

E invece, per quanto riguarda proprio la manifestazione Sorsi d’autore, che è legata al vino: intanto, è una bevanda che le piace? Noi abbiamo intervistato Giovanna Botteri (potrete leggere l’intervista sul numero 8 di Mio, attualmente in edicola fino al 25 giugno, n.d.r.), che ci ha risposto: “Io sono astemia, è quasi una vergogna”.

Ah Giovanna, super giornalista! Un modello per tutti, è veramente un punto di riferimento per centinaia di giovani donne italiane che vorrebbero fare la sua professione. No, purtroppo io ho tre vizi: “bolle”, prosciutto crudo e cioccolato fondente… lì esagero! Sono un “bollaro”, se c’è una cosa dove mi trattengo poco, è quella. Non è bello da dire. Però in questo contesto credo di avere dei complici!

Allora scatta la domanda: Champagne, Spumante o Prosecco?

Champagne assolutamente! Champagnista convinto. Pochi giorni fa ho trovato un pretesto per berne una bottiglia, che era un pretesto basato sul niente! Tipo: “Ha smesso di piovere!”… Siamo a questi tristi livelli!

Gli appuntamenti della rassegna "Sorsi d'autore", giunta alla 26a edizione.
Gli appuntamenti della rassegna "Sorsi d'autore", giunta alla 26a edizione.

Il tour nei teatri

In estate, ma anche poi in autunno e già nel 2026, sono in programma diverse date dei suoi tour teatrali, con spettacoli differenti tra loro che si intersecano nelle varie date…

Sono tanti spettacoli, sì, ce ne sono in giro anche sei o sette!

Sono spettacoli che si ripetono uguali ogni sera o “cambiano” a seconda del pubblico?

Dal momento che li scrivo io, ho agilità per improvvisare. Con Italia Mundial, per esempio, che è lo spettacolo più popolare perché quella del Mundial dell’82 è una storia eterna, recentemente eravamo in Sardegna e il pubblico era veramente caldo, la gente “c’era”, e lì ho fatto 4-5 improvvisazioni che non avevo mai fatto prima. In altri invece non posso essere così “allegro”, così “jam session”. Ad esempio, per lo spettacolo su Kobe Bryant io devo dire esattamente tutte le parole che ci sono nel testo, perché ogni suono dipende dalle parole che dico. Quindi non si potrà mai improvvisare lì.

Quindi il format influenza la tipologia di spettacolo…

Il format e il pubblico, tantissimo!

(KIKA) - VERONA - Nel 2020 Federico Buffa insieme a Flavio Tranquillo ha fatto il tutto esaurito all'Arena di Verona per raccontare le ultime due stagioni di Michael Jordan nei Chicago Bulls in "Michael Jordan The Last Air Dance", storytelling di due ore nell'ambito del Festival della Bellezza. - Foto: © Kikapress
(KIKA) - VERONA - Nel 2020 Federico Buffa insieme a Flavio Tranquillo ha fatto il tutto esaurito all'Arena di Verona per raccontare le ultime due stagioni di Michael Jordan nei Chicago Bulls in "Michael Jordan The Last Air Dance", storytelling di due ore nell'ambito del Festival della Bellezza. Secondo gli organizzatori, è stato l’evento in pubblico più visto al mondo in quell’anno segnato dalla pandemia e dai vari lockdown. - Foto: © Kikapress

Progetti e idee per il futuro

Qual è la storia che non ha ancora raccontato?

Dal punto di vista sportivo mi piacerebbe portare in teatro il Grande Torino. L’ho già fatto in TV, ma farlo in teatro è tutta un’altra cosa; lì in televisione sei commosso tu, ma non vedi la commozione dell’altra parte, in teatro sì. Quando abbiamo fatto La Milonga del Fútbol a Napoli, nell’ultima mezz’ora, che è quella dedicata a Diego (Maradona, n.d.r.),  sentivi che il pubblico proprio ansimava, era coinvolto: nella propria vita, nelle proprie sensazioni, nei propri sentimenti.

Invece dal punto di vista non sportivo, la storia del mentore e maestro di Steve Jobs, che si chiama Stewart Brand, ed è l’uomo che dice la famosa frase “Stay hungry, stay foolish”, che poi lui riprenderà in un discorso a Stanford. Però con classe, dicendo: “Questa è una frase di Steward Brand, l’uomo che ha inventato Google 30 anni prima di Google”. Ed è vero! Lui secondo me è un visionario del ‘900, come ce ne sono pochi e di cui si è sentito parlare troppo poco. Mi piacerebbe raccontare la storia legandola al fatto che lui è un classico prodotto della San Francisco degli anni ‘60, che si cala l’ultimo acido più o meno a 35 anni, e da lì decide: “Adesso faccio qualcosa di importante”. In questo momento sta progettando un orologio destinato a durare 10000 anni per Jeff Bezos: il lascito che lui vuol dare all’umanità. Oltretutto fu lui, Brand, a “costringere” la NASA a pubblicare le foto dei viaggi sulla Luna tra cui quella famosissima dell’alba sulla Terra vista dalla Luna, ancor prima che ci arrivassimo con l’Apollo 11, del Natale ‘68, che è la più bella di tutti i tempi. Quale uomo poteva immaginare di fare una foto così? Verne, forse, ma non l’avrebbe fatta così bene. Le politiche ambientali nascono nel momento in cui gli uomini vedono cos’è questa sfera delicata, meravigliosa, in mezzo al nostro piccolo universo, che sta in piedi chissà come, tutta azzurra, piena d’acqua: ecco, in quel momento il tuo pianeta hai voglia di accarezzarlo.

Stewart Brand (86 anni), fu mentore e ispiratore di Steve Jobs come di altri "guru" della new tech e della Silicon Valley U.S.A.
Stewart Brand (86 anni), fu mentore e ispiratore di Steve Jobs come di altri "guru" della new tech e della Silicon Valley U.S.A.

Lei è famoso per aver raccontato il basket e il calcio. Uno sport di cui è appassionato, ma che non ha ancora raccontato?

I miei due sono quelli lì. Il tipo di storie che mi commuovono al di fuori da quegli ambiti vengono dal pugilato e dall’atletica: raccontare le Olimpiadi del ‘36 viste dal punto di vista di Jesse Owens e Lutz Long, il saltatore della Germania nazista che poteva essere addirittura il tedoforo finale, e della loro amicizia mi ha sempre colpito. Sono quelle storie che restano scolpite nel tempo. Il pugilato perché è uno sport, come il rugby, dove non puoi bluffare. Su Mohamed Alì uno spettacolo teatrale l’ho fatto ed è stato uno dei più sentiti da parte mia.

Un cuore diviso tra Giappone e America Latina

Lei in un’intervista ha dichiarato di amare la cultura orientale. Quali aspetti ne apprezza?

No, non la cultura orientale, espressamente il Giappone! So che farà ridere, ma tra una settimana alle Maldive e una settimana a Tokyo, con 12 milioni di persone, io mi rilasso molto di più a Tokyo! È una civiltà dove c’è un rispetto sacrale nei confronti dell’altrui. Ad esempio non puoi parlare al cellulare in pubblico. Lo puoi fare a casa tua, ma non in treno.

Non avremmo potuto fare questa intervista…

Esatto! In generale c’è sempre un rispetto verso un mondo che possiamo definire armonico. Se dovessi fare una sintesi del mondo giapponese, lì la divinità, Dio per comodità espositiva, è sostituito dalla natura. Di conseguenza c’è un’armonia, un’attrazione, una sacralità nei confronti della natura che a mio modo di vedere non ha nessun altro popolo. In più, c’è una marea di giapponesi… “insospettabili”, che la mattina si alzano con l’ambizione di essere perfetti. Noi lo troveremmo blasfemo! Per loro è normale. I giapponesi fanno diventare quasi tutto un’arte.

E come si concilia questa visione con l’altra grande passione, che traspare dai suoi spettacoli e dai suoi programmi del passato, per la cultura sudamericana?

Nessuna arteria del mondo, citando la letteratura, pulsa come quella del Sudamerica. Se vai lì ti accorgi che acqua e sangue, storicamente, si confondono. ma c’è anche un ritmo di esistenza diverso: le emozioni sono vissute diversamente, gli spazi sono diversi, la mezcla tra chi c’era e chi è venuto dopo è molto particolare. È impossibile resistere al fascino del Centro e Sud-America, proprio perché c’è una pulsazione diversa. Se dovessi augurare qualcosa a un giovane uomo in questo momento sarebbe: “Vai, non so, in Honduras, in Guatemala, e sentiti dire “Amor” da una donna del posto”. Suona diverso dal nostro!

In che senso diverso?

Perché è una parola pronunciata in un altro modo. È guardata. Le donne Centro e Sudamericane guardano, oltre che dire. Quando ti dicono “Oh, mi amor” suona diverso e lei si comporta diversamente. Apre mondi: stesso pianeta, altri mondi.

Da Francesco a Leone

Agganciandoci al discorso sul Sudamerica: Bergoglio che Papa è stato secondo Lei? E che Papa sarà Leone XIV?

Bergoglio era ingenuo. Sarà il primo Papa della storia dell’umanità che avrà uno stadio di calcio dedicato a lui: il prossimo stadio del S. Lorenzo si chiamerà “Jorge Bergoglio”. Questo dice tutto! Recentemente mi raccontavano un episodio di un famoso allenatore del S. Lorenzo a cui il direttore generale aveva comunicato che prima della partita era abitudine che venisse negli spogliatoi un cura, che sarebbe un prete, che parlava con i giocatori. Al che lui rispose “Senta, io sto dicendo ai miei giocatori che devono passare in testa ai nostri avversari, se lei mi manda dentro un prete faccio un po’ fatica”… Anni dopo si riincontrano in un ristorante e quello gli dice: “Devo dirti una cosa: il cura è diventato Papa Francesco…”. È davvero incredibile, la traiettoria di Bergoglio, che con suo padre invade il campo il giorno in cui il S. Lorenzo vince il primo titolo della sua storia. Ha dentro di sé un’ingenuità di fondo, un uomo così. È l’antitesi di un teologo: non ha mai fatto un discorso che avesse una base teologica, mai. Ha sempre fatto un discorso di relazionalità. Quindi, dal punto di vista della figura mondiale del Papa, è stato un uomo ingenuo per la visione politica del ruolo. Quello che invece è arrivato ora è palesemente un uomo più accorto, che ha visto più mondi rispetto a Bergoglio. Il fatto stesso che sia stato eletto così presto, ha praticamente abbandonato il Conclave prima di essere eletto, vuol dire che è un uomo che si sa muovere. Mentre Bergoglio quando è stato nominato nessuno sapeva chi fosse, tranne la corrispondente argentina.

Le telecronache a due voci con Flavio Tranquillo

Le Sue telecronache nel basket hanno rappresentato un ponte tra due mondi, facendo avvicinare il pubblico italiano al mondo del basket USA. Dopo Aldo Giordani e Dan Peterson (per i più attempati), nell’immaginario degli appassionati italiani di pallacanestro ci sono le telecronache a due voci di Federico Buffa e Flavio Tranquillo. Cosa rappresenta per Lei questa consapevolezza?

È una cosa di cui sento parlare spesso. La mia anima è un po’ divisa in due: a me non sembrava così all’epoca, ma so anche che un conto è essere da questa parte del microfono e un conto è essere dall’altra. So che sono stato al fianco di una persona, Flavio, con, dal punto di vista professionale, credo pochissimi eguali, forse nessuno. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare: guardare i due più bravi, cioè Clerici-Tommasi. Io ascoltavo come si comportava Clerici, che era perfetto per me, perché Tommasi era una macchina da guerra, mentre lui era più vago, si permetteva licenze. Quindi abbiamo creato un’antinomia sulla diversità delle nostre caratteristiche. C’è da dire che io e Flavio ci conoscevamo già da prima. Fa comunque piacere essere apprezzati e ricordati per le cose che facevi vent’anni fa, anche se tu nel frattempo hai fatto altro, vuol dire che hanno lasciato un segno.

C’è possibilità di risentirvi insieme, in qualche occasione, prima o poi?

Con Flavio? In una conversazione “a secco” è già successo, anche recentemente, possiamo parlare noi due insieme, ma non nel contesto di un commento sportivo. La differenza tra noi è che lui quello che faceva vent’anni fa lo fa ancora adesso, benissimo, io sono passato “sotto un altro innaffiatoio”.

Dopo la presenza a "Sorsi d'autore" il 28 giugno, Federico Buffa sarà a Livigno (So) il 22 luglio con "Italia Mundial", poi il 23 a Fiesole (Fi), il 24 a Bisceglie (Bt), il 25 a Mesagne (Br), il 26 ad Arenzano (Ge), il 2 agosto a Gardone Riviera (Bs), sempre con lo spettacolo "Number 23. Vita e splendori di Michael Jordan". Il 17 agosto porterà a Marina di Pietrasanta (Lu) "La Milonga del Futbol", mentre il 20 agosto a Castelvetrano sarà di scena lo spettacolo "Olimpiadi tra Guerra e Pace". Il tour teatrale dei suoi spettacoli proseguirà poi con altri incentrati sulle ultime 48 ore di Lucio Dalla e sullo spettacolo "Ribelli". Per informazioni, www.federicobuffa.com - Foto: © Kikapress
Dopo la presenza a "Sorsi d'autore" il 28 giugno, Federico Buffa sarà a Livigno (So) il 22 luglio con "Italia Mundial", poi il 23 a Fiesole (Fi), il 24 a Bisceglie (Bt), il 25 a Mesagne (Br), il 26 ad Arenzano (Ge), il 2 agosto a Gardone Riviera (Bs), sempre con lo spettacolo "Number 23. Vita e splendori di Michael Jordan". Il 17 agosto porterà a Marina di Pietrasanta (Lu) "La Milonga del Futbol", mentre il 20 agosto a Castelvetrano (Tp) sarà di scena lo spettacolo "Olimpiadi tra Guerra e Pace". Il tour teatrale dei suoi spettacoli proseguirà poi con altri incentrati sulle ultime 48 ore di Lucio Dalla e sullo spettacolo "Ribelli". Per informazioni, www.federicobuffa.com - Foto: © Kikapress

Federico Buffa e… la tecnologia

In un’intervista di qualche tempo fa ha dichiarato di non avere uno smartphone, né, di conseguenza, Whatsapp o altre app di messagistica o social, è ancora così?

Sì sì… io accendo il fuoco con le pietre, figuriamoci Whatsapp!

E cosa pensa di come si sta evolvendo la società in campo tecnologico, dal dominio dei social all’intelligenza artificiale?

Sono… più nostalgico di un tanguero argentino! Ho sentito di recente Brunello Cucinelli dire, come anche grandi filosofi, “Recuperiamo l’umanesimo che ci ha sempre guidato ed è stata la nostra bussola”. Temo purtroppo che si sia ormai sbarcati su un pianeta dove non si parla di umanesimo. Ed è un passaggio irreversibile: così come l’abbiam vissuta non c’è più niente da fare.

Tiri liberi… enologici

Ultima serie, di domande, a raffica come tiri liberi: abbiniamo dei giocatori di basket a dei vini. Michael Jordan?

No, Michael non è paragonabile a niente e a nessuno. Fuori scala.

Kobe Bryant?

Kobe è stato l’epigono principale di Jordan, ha ispirato proprio il suo gioco a quello di Michael. La prima domanda della sua vita a Michael l’ha fatta in campo, per dire del personaggio. Come direbbero negli Stati Uniti, “mancano un paio di ingredienti”. Il principale, 5-6 cm di dita, cioè le mani di Jordan erano 5-6 cm più lunghe e questo incide tanto nel basket. E poi la parte alta del corpo era molto più forte fisicamente, perciò non sono comparabili. Dovendo scegliere un vino da abbinare a Kobe… i fondamentali di Kobe, come quelli di Michael, erano comunque perfetti, mai un’infrazione di passi, quindi vuol dire un controllo totale. Hai bisogno di un’Ornellaia, per stare in Italia, perché non trovi difetti: il vino è semplicemente perfetto, ha una musicalità… Siamo in zona Bolgheri, secondo me, in Italia, per trovare Kobe Bryant.

Larry Bird…

Larry Bird è figlio di una cultura agricola, il centro del mondo americano, e quindi ha delle sporcature. E quindi possiamo scegliere anche vini con qualche sporcatura, ancorché intensi. Potremmo stare anche su qualche zona vinicola in crescita del nostro Paese, come il Sud Italia, per esempio nella zona etnea: è un vino potente, caldo, ma con sporcature. Nel Sud Italia il vino sta migliorando tantissimo, ad esempio sono un grande amante di Benanti: sotto l’Etna secondo me ci sono tanti vini di alto livello!

Per l’ultimo scelga lei un cestista di oggi: Stephen Curry, Luka Doncic…

Steph Curry ha preso il gioco e l’ha fatto diventare un altro. È un innovativo. Lui è la “vedova” della “Veuve Clicquot”, che cambia il modo di fare champagne alla fine dell’800 e inizio del ‘900. Lei ha segnato la strada a quelli che son venuti dopo, anche se nessuno le dava credito perché era donna. Steph Curry quando è uscito dal college sembrava un ragazzino del liceo. Poi le cose sono andate un po’ diversamente. E quindi lui è la nostra “Veuve Clicquot”!

Avrei voluto chiedere ancora tante cose a Federico Buffa, di altri cestisti come Kareem Abdul Jabbar o Dennis Rodman (della cui sorella ha anche trattato la procura, in uno di quei primi contratti di cui ha parlato a inizio intervista), degli Stati Uniti di Trump rispetto a quelli che ha conosciuto lui e per i quali ha fatto da ponte con le sue telecronache e i suoi racconti, della debacle dell’Inter in Champions League e di Inzaghi che vola in Arabia a suon di miliardi, del suo Milan fuori dalle coppe, dei suoi altri spettacoli… ma la connessione instabile, qualche galleria e forse anche la consapevolezza che l’ordine che aveva fatto allo steward del treno tra una domanda e l’altra poteva ormai essere arrivato mi fanno propendere solo per un rapido ringraziamento e un arrivederci alla prossima occasione in cui le nostre traiettorie, più o meno senza controllo, si incroceranno.

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