
In questo articolo
ToggleDopo una settimana di dichiarazioni discordanti e contraddittorie, i ministri di Giustizia e Interno riferiscono alle Camere sul caso al-Masri
Se al-Masri avesse potuto assistere allo spettacolo di ieri messo in scena dalle nostre Camere, avrebbe ricominciato a ridere e brindare con i suoi commilitoni libici. Dopo una settimana di silenzio, finalmente i ministri Nordio e Piantedosi, rispettivamente di Giustizia e Interno, hanno riferito a deputati e senatori sulle ragioni del rilascio del ricercato internazionale libico, nonostante il mandato del tribunale dell’Aja. Assenti in aula i vertici di governo, Meloni, Tajani e Salvini. “Spettacolo” è il termine usato da Nordio stesso che, in pratica, ha dato degli ignoranti a tutti, a cominciare dalla Corte Penale Internazionale che avrebbe, a suo dire, redatto un mandato d’arresto con tali inesattezze da essere considerabile nullo; per continuare con una certa «magistratura sciatta» che nemmeno sa leggere le carte. Peccato che il Ministro ha anche dichiarato di non aver avuto modo di leggere lui stesso il documento perché composto di 40 pagine in lingua inglese con allegati in arabo. Possibile che in un ministero non ci sia nessuno in grado di tradurre, anche con l’aiuto di un computer, 40 pagine dall’inglese all’italiano? Nordio ha quindi nel complesso portato avanti la linea del cavillo legale che ha costretto la Corte d’Appello a rimettere in libertà il capo della polizia penitenziaria libica.

Il ministro Piantedosi invece lo aveva letto e come quel documento, tanto da comprendere le accuse e la pericolosità del soggetto decidendo di rispedirlo in Libia con un volo speciale. La linea di Piantedosi, più rispettosa della platea, resta quella della sicurezza nazionale, diversa da quella di Nordio al quale magari poteva passare la sua traduzione delle 40 pagine. Ma Nordio poi le carte le ha lette perché sgrida tutti gli altri per non averlo fatto. Sui suoi due giorni di silenzio il Ministro risponde: «Io non faccio il passacarte!». «Il ruolo del Ministro – ha spiegato – non è semplicemente quello di un organo di transito delle richieste. È un organo politico che deve meditare sul contenuto di queste richieste in funzione di un eventuale contatto con altri organi dello Stato».
L'avvocato difensore...
Dopodiché il ministro della Giustizia si erge a difensore dell’accusato citando incertezza assoluta a cominciare «dalla data in cui sarebbero avvenuti i primi crimini: si dice a partire dal marzo 2015 ma nel preambolo si parlava del febbraio 2011 quando Gheddafi era ancora al potere». Quindi le carte le ha lette bene per giudicare sulle tempistiche dei reati. In più la scelta politica, ammessa anche qui ma negata alternativamente sia da Nordio che inizialmente da Giorgia Meloni, va in contrasto con la legge 237 del Trattato di Roma dove si evince che un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale intanto va portato a termine, poi semmai si discute dei vizi di forma.

Le opposizioni all'attacco
L’intervento delle opposizioni ha messo in luce subito l’assenza pesante della Presidente del Consiglio: «Oggi in quest’aula doveva esserci Giorgia Meloni, che invece manca di rispetto all’Aula e al Paese», ha detto la segretaria Pd Elly Schlein apostrofandola addirittura “Presidente del coniglio”. «La presidente Meloni scappa dal Parlamento», le fa eco Giuseppe Conte all’inizio del suo intervento che, rimproverando anche le criticità della riforma della giustizia, sostiene anche che l’Italia sia diventata un “paese dei balocchi dei criminali“. A Nordio rimprovera di non essere stato solo l’avvocato difensore di al-Masri ma proprio il suo «giudice assolutore». «La verità è chiara a tutti gli italiani – continua il leader Cinquestelle – che dietro c’è il fallimento delle politiche migratorie. Voi avete vinto una campagna elettorale dicendo che avevate la soluzione del blocco navale all’immigrazione clandestina». Terminando con un riferimento ai centri in Albania costati milioni di euro e approntati senza nemmeno prima studiarsi la normativa europea sui rimpatri.

Molto pittoresco anche l’intervento di Matteo Renzi in Senato con riferimenti al mondo delle fiabe per bambini. «Con Meloni, pensavate di aver trovato la lady di ferro, ma avete trovato l’uomo di burro, forte coi deboli e debole coi forti. Se ci fosse stato un minimo di coraggio da parte della vile premier, lei sarebbe venuta qui e avrebbe detto che c’è un interesse nazionale di questo Paese e si chiama Eni. Se Meloni avesse voluto difendere l’interesse nazionale lo avrebbe detto. Ma non lo fa, scarcera i torturatori di bambini».
Una nuova denuncia presso la CPI
Intanto si aggiunge un nuovo tassello alla vicenda. Il tribunale internazionale dell’Aja avrebbe aperto un fascicolo contro il governo italiano con l’accusa di «ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma». Lo scoop di Nello Scavo del quotidiano Avvenire parlerebbe della denuncia di un rifugiato sudanese che già nel 2019 aveva raccontato le brutalità di al-Masri nel suo carcere. L’accusa mossa verso il nostro governo è di aver «abusato dei poteri esecutivi per disobbedire a obblighi internazionali e nazionali». In particolare viene citato l’articolo 70 dello Statuto di Roma che disciplina i provvedimenti contro chi ostacola la giustizia internazionale. Secondo la norma «la Corte eserciterà la propria giurisdizione» su una vasta serie di reati, tra cui «ostacolare o intralciare la libera presenza o testimonianza di un teste».
A te l'onere del primo commento..