
Inarrestabile Pier Francesco Pingitore: «A 90 anni, vi svelo chi ho amato di più tra le donne del Bagaglino»
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TogglePier Francesco Pingitore è la storia del cabaret
Regista, sceneggiatore e anima storica del cabaret e della televisione italiana, Pier Francesco Pingitore è un uomo che ha plasmato l’immaginario del nostro Paese con la sua satira pungente e il suo sguardo attento sulla realtà. Creatore instancabile, ha raccontato come pochi altri le fragilità e i paradossi della società italiana, esponendo le contraddizioni e le maschere di un’epoca, ma sempre con ironia.
Anche in questa chiacchierata, si è confermato un animo autentico, diretto e, soprattutto, libero. In un’epoca di “correttezza” imposta, Pingitore non rinuncia alla sua voce, senza filtri, capace di affondare senza paura nel cuore della comicità e nella riflessione sociale. Perché, a 90 anni, il fondatore de Il Bagaglino non si è ancora stancato di osservare, di creare e di raccontare l’Italia, con l’energia di chi ha ancora qualcosa da dire… e non ha alcuna intenzione di censurarsi!
“Cialtrone” è chi parla a vanvera

Il suo ultimo spettacolo si intitola I Due Cialtroni. Cosa rappresenta per lei oggi la “cialtroneria”?
«È difficile definirla con precisione. Direi che è quando si parla senza pensarci troppo, senza assumersi la responsabilità di ciò che si dice. È la faciloneria, una forma di superficialità che caratterizza tante persone».
Sembra un’analisi pungente della società odierna. È così?
«Sì, è un’analisi del mondo che ci circonda e di come vengono affrontati i problemi, soprattutto quelli di carattere generale».
I personaggi che lei porta in scena spesso rispecchiano le pecche degli italiani. Qual è, secondo lei, la nostra più grande debolezza? E la più grande virtù?
«La nostra debolezza è l’attitudine a cambiare idea da un momento all’altro, mentre la nostra virtù è… la capacità di cambiare idea da un momento all’altro! Sappiamo adattarci rapidamente».
Un grande amico e tante “muse”

Ha collaborato con personaggi leggendari della televisione. Qual è stato per lei il momento più memorabile in queste collaborazioni?
«Sono stati tanti i momenti indimenticabili, come quelli vissuti con Oreste Lionello e Gabriella Ferri. E poi Valeria Marini, Pamela Prati, Pippo Franco, Leo Gullotta e lo stesso Martufello… Ognuno di loro ha segnato la mia vita in maniera speciale, ho ricordi preziosi con tutti. E poi i miei coautori, Mario Castellacci, con cui ho cominciato l’avventura, e Carla Vistarini, con cui l’ho portata avanti».
Tra i tanti personaggi con cui ha lavorato, non si può non citare Pippo Baudo, che di recente è stato anche ospite della sua festa di compleanno. Come lo ha trovato?
«Benissimo! Certo, ha bisogno di riposo, ma è perfettamente in forma. Essere presente al mio compleanno è stato un regalo enorme per me, perché tra noi c’è un’amicizia profonda e una grandissima stima. È stato un ospite graditissimo».

Le donne più belle dello spettacolo italiano sono, in qualche modo, “nate” con lei. Ma chi è stata la sua musa, se c’è stata?
«Vuole farmi litigare? (ride, ndr). La prima è stata Gabriella Ferri, la nostra vedette fin dall’inizio: un’artista di grandissimo valore. Poi tutte le altre: Pamela, Valeria, Milena Miconi…».
Qual è la sua opinione sull’evoluzione della figura femminile nello showbiz?
«Cosa intendiamo per evoluzione? Non credo ci sia stata una vera e propria evoluzione. Forse oggi ci sono più ruoli femminili da protagonista. In tutta la storia, in letteratura e teatro, ci sono state donne importanti quanto gli uomini: pensiamo a Violetta de La Traviata, Madame Bovary, Anna Karenina. Tra le interpreti, ricordiamo Lina Cavalieri, Eleonora Duse, Titina De Filippo, Sofia Loren. Ancora, tra le scrittrici pensiamo al Premio Nobel Grazia Deledda. Tantissime donne hanno brillato nel panorama italiano e mondiale. Oggi c’è una maggiore mobilitazione femminile per l’eliminazione di ingiuste disparità, ma è ancora in atto e vedremo come evolverà. La cosa principale è che ci sia sempre collaborazione tra uomo e donna: se si ragiona nell’ottica della contrapposizione non si va da nessuna parte».

Ha mai avuto l’impressione che, come i protagonisti della sua nuova commedia, anche gli artisti con cui ha lavorato nascondessero delle “nevrosi” particolari o fossero, in qualche modo, “cialtroni” nella vita privata?
«Tutti nascondono un po’ di nevrosi. Chi fa l’attore è spesso mosso da una sorta di “fuoco sacro”: è qualcosa di profondo che ti rende inevitabilmente un po’ diverso dagli altri, anche nei comportamenti personali».
Crede che tutti, in fondo, siamo “attori in scena”?
«Dire che tutti portiamo una maschera è come dire che nessuno ne ha una. Sono definizioni un po’ azzardate, difficili da dimostrare».
Il pericolo dell’autocensura

Lei è noto per la sua satira pungente e il suo sguardo ironico sulla realtà. Da dove nasce questa attitudine critica?
«Ci si nasce! Sono abituato a osservare le cose con uno sguardo critico, senza presunzione e senza voler condannare nessuno. Mi diverte guardare il mondo con ironia, ma questo sguardo non mi impedisce di provare emozioni forti di fronte a ciò che merita rispetto. L’osservazione della realtà politica e sociale, in particolare, mi ha portato in modo naturale alla satira».
Se dovesse definire con una sola battuta l’Italia di oggi?
«L’Italia di oggi è una Ferrari con il motore d’una Cinquecento».
E qual è il suo commento sulla rielezione di Trump negli Stati Uniti?
«Aspettiamo di sapere se sarà il Diluvio o l’Arca di Noè».
Oggi c’è molto dibattito sulla “comicità corretta”. Cosa pensa del “politically correct”? La sua comicità è sempre stata senza filtri: è stato mai tentato di autocensurarsi?
«Il “politically correct” è la castrazione chimica dell’intelligenza. Io non mi sono mai autocensurato. Dico ciò che penso senza offendere nessuno. La satira è ironia, allusione, presa in giro, mai insulto. Ma bisogna stare attenti a non lasciare che questa tendenza all’auto-censura dilaghi. Potrebbe tradursi in una limitazione della libertà, e questo proprio non va bene».
I personaggi di cui scrive, anche quelli comici, sono spesso pieni di umanità e fragilità. Qual è la sua?
«La mia fragilità è non avere più trent’anni. E neanche sessanta! Dicono che però ho uno spirito giovane. Ma non aiuta a fare le scale di corsa… ».
Un’ultima domanda: lei è catanzarese di nascita. È rimasto legato alla sua Calabria?
«Il mio è un legame di sangue. Per cultura, abitudini e linguaggio sono romano e ne sono fiero, ma ho sempre il sangue calabrese dentro di me».
Le prossime date della tournée
Dopo l’anteprima di queste settimane, la tournée de I due cialtroni riprenderà a girare l’Italia con le seguenti date: 22-23 marzo a Vitinia (RM), presso il Teatro Domma; 5 aprile a Rieti (RI), presso il Teatro Flavio Vespasiano; dal 15 al 19 aprile a Roma (RM), presso il Teatro Tor Bella Monaca. Protagonisti della commedia, scritta e diretta da Pier Francesco Pingitore, sono Maurizio Martufello e Marco Simeoli, con la partecipazione di Fanny Cadeo, Elena Ferrantini e Lucrezia Gallo. Ambientata in una baita di montagna, la storia segue due attori molto diversi: Massimo, un interprete di teatro drammatico, e Mattia, un comico di grande successo. I due, inizialmente in disaccordo e con battute pungenti, sono costretti a convivere mentre aspettano notizie decisive per il loro futuro. La situazione si complica quando una valanga li isola, facendo riaffiorare vecchie rivalità e frustrazioni.
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