
In questo articolo
ToggleLa cefalea: un cerchio insopportabile che stringe la testa, ma che si può curare! Con l’aiuto del Dott. Di Stani facciamo luce su un problema che affligge più frequentemente le donne e che oggi possiamo affrontare...
Abbiamo intervistato per voi il Dottor Fabrizio Di Stani, specialista in Neurologia, PhD in Neurochirurgia ed esperto nel settore delle cefalee e della terapia del dolore. È inoltre responsabile dell’area medica del poliambulatorio LOFT di viale Cortina d’Ampezzo, a Roma.
Ne esistono più di duecento tipi

Dott. Di Stani, quando parliamo di cefalea cosa intendiamo?
«La cefalea, più comunemente definita “mal di testa”, è un disturbo caratterizzato da un dolore ricorrente, localizzato da una parte o da entrambe le parti della testa. È stato stimato che, a livello mondiale, circa il 90 percento degli individui abbia sofferto almeno una volta nella vita di un attacco di cefalea».
Non si tratta di un semplice dolore alla testa, ma di un problema ben più complesso con coinvolgimento di diverse strutture cerebrali. Come si fa la diagnosi di cefalea?
«Lo specialista in cefalee utilizza la classificazione internazionale delle cefalee, la International Classification of Headache Disorders (ICHD-III), che descrive e definisce più di 200 tipi di cefalee e basandosi su età del soggetto, modalità di insorgenza, precise caratteristiche cliniche del tipo di dolore (ad esempio: sede, durata, intensità, frequenza, tipo di ricorrenza), sintomi associati, risposta ai farmaci, riuscirà a formulare una diagnosi.
In base alla storia clinica, all’andamento temporale della cefalea e all’eventuale presenza di campanelli di allarme, lo specialista in cefalee valuterà la necessità di richiedere eventuali accertamenti diagnostici (esami del sangue, risonanza encefalo, angio-risonanza dei vasi intracranici, ecocolor-doppler vasi intracranici o doppler transcranico, elettroencefalogramma etc.. )».
Quali sono le cefalee più frequenti?
«Le cefalee si dividono in due grossi capitoli: primarie, che sono quelle “benigne” con prognosi in genere più favorevole e le cefalee secondarie ad altre patologie (patologie vascolari cerebrali, traumi, infezioni, tumori, disfunzioni dell’articolazione temporo-mandibolare etc.. ). Malgrado le cefalee più comuni siano per lo più benigne, nei casi con attacchi dolorosi plurimensili o di forte intensità, il dolore determina un’importante disabilità, che compromette la vita lavorativa e sociale dei soggetti che ne soffrono, con conseguente perdita di giorni di lavoro, ridotta produttività, restrizione delle attività sociali e di svago. Le più comuni forme rientrano nel primo gruppo e sono per ordine di prevalenza la cefalea di tipo tensivo, l’emicrania senza aura, l’emicrania con aura e la cefalea a grappolo».
Che caratteristiche hanno?
«Secondo i criteri internazionali ICHD-III l’attacco della cefalea di tipo tensivo (CTT) ha precise caratteristiche cliniche e può avere una durata che varia da 30 minuti fino a 7 giorni. Deve avere più di due delle seguenti caratteristiche: 1. Localizzazione bilaterale, 2. Dolore gravativo o costrittivo, 3. Intensità lieve o moderata, 4. Non aggravata da attività fisica. Devono essere presenti entrambi i seguenti punti: 1. No nausea o vomito, 2. Fotofobia (fastidio per la luce) o fonofobia (fastidio per i rumori), ma mai entrambe. Generalmente il dolore si localizza al vertice della testa o su tutta la testa a volte con diffusione alla nuca, collo fino alle spalle. Questo tipo di cefalea viene frequentemente descritta dal paziente come “cerchio che stringe”, “fascia”, “morsa”, “peso al vertice”, “cappa” o “casco”. Nelle forme croniche (attacchi per più di 15 giorni al mese) si può associare anche la “sensazione di confusione”, la “testa pesante”, “sensazione di instabilità”, “sensazione di testa non libera” e la difficoltà di concentrazione. La prevalenza della forma episodica CTT è molto alta, può arrivare anche fino all’80 percento dei soggetti della popolazione mondiale, mentre le forme croniche possono colpire il 2-3 percento della popolazione. Colpisce più frequentemente le donne e l’età di esordio è intorno ai 25-30 anni (più alta rispetto all’emicrania) con un picco di età verso i 30-39 anni e una riduzione all’avanzare dell’età».
L'emicrania: con aura e senza aura

L’emicrania è la seconda forma più comune di mal di testa. Si divide in due forme: l’emicrania senza aura e l’emicrania con aura.
Le caratteristiche del dolore degli attacchi sono uguali per entrambe le forme e sono le seguenti: la cefalea ha durata variabile da 4 a 72 ore (non trattata o trattata senza successo); la cefalea presenta almeno due delle seguenti caratteristiche:
1. Localizzazione unilaterale.
2. Dolore di tipo pulsante.
3. Dolore con intensità media o forte.
4. Aggravata da o che limiti le attività fisiche di routine.
Alla cefalea si devono associare almeno una tra:
1. Nausea e/o vomito.
2. Presenza di fotofobia e fonofobia.
Nel caso dell’emicrania con aura, l’attacco doloroso, con le caratteristiche sopra descritte, deve essere preceduto o accompagnato dall’aura, che è caratterizzata da sintomi visivi (flash, palline luminose, ruote dentate luminose, etc), sensitivi (ad es formicolio) e/o della parola/linguaggio (disfasia), ognuno completamente reversibile.
La durata dell’aura tipica varia da 5 minuti a 60 minuti, più frequentemente 15-20 minuti. Sulla base della frequenza degli attacchi mensili l’emicrania si distingue in: episodica (fino a 14 giorni al mese) e cronica (più di 15 giorni al mese da almeno 3 mesi). La frequenza e la durata degli attacchi sono due parametri molto importanti di cui lo specialista in cefalee tiene conto per scegliere l’approccio terapeutico.
L’emicrania ha una prevalenza pari al 14 percento della popolazione mondiale, in Italia alcuni studi hanno evidenziato che la frequenza sia in realtà ben più alta, colpendo dal 24 al 42 percento dei soggetti circa. L’emicrania è nettamente prevalente nel genere femminile, con un rapporto F:M di 3:1 e il suo sviluppo è strettamente collegato alle oscillazioni ormonali (ovulazione, ciclo mestruale).
L’esordio è solitamente in età giovanile, nelle donne spesso dopo lo sviluppo (menarca), raggiungendo il suo massimo nella quarta/quinta decade, per poi migliorare. In 1/3 delle donne in menopausa invece può non avere questo andamento favorevole. È una patologia multifattoriale, che affonda le sue radici in un terreno ricco di vari fattori predisponenti o scatenanti: predisposizione genetica, stress emotivo, disturbi del tono dell’umore, cambiamenti climatici, fluttuazioni ormonali, traumi fisici, alterazioni della postura, cattive abitudini di vita quali eccesso di caffeina, alcolici, cioccolata, fumo, etc., disturbi del sonno e inattività fisica».
Una precisazione sulla cervicale

E la cefalea “da cervicale”?
«Le cefalee normalmente non originano dal collo. La cefalea cervicogenica, che è il principale tipo di mal di testa che origina dal collo, ha una prevalenza nella popolazione generale pari all’1-2 percento. Di conseguenza la risonanza del tratto cervicale, come approfondimento diagnostico in un paziente che soffre di cefalea, è un accertamento che normalmente non serve a nulla. In molti casi, come ad esempio nella cefalea tensiva e nell’emicrania, il dolore al collo è un dolore di tipo riferito. Sarebbe a dire che origina da un’altra parte per poi essere percepito a livello del collo. Poi, soprattutto nelle forme croniche di mal di testa, i muscoli cervicali possono contrarsi in modo importante e sostenuto e ciò può contribuire al dolore».
Diverse forme di trattamento

È possibile curare la cefalea?
«Tutte le cefalee primarie principali possono essere trattate farmacologicamente. Si usano farmaci per l’attacco che hanno lo scopo di stroncare una crisi di cefalea in corso e farmaci di profilassi per ridurre i giorni di cefalea mensili e/o l’intensità dell’attacco mediante il ripristino di un corretto bilanciamento del network algogeno. È estremamente importante non abusare di farmaci per l’attacco che possono determinare la comparsa di importanti effetti collaterali (es. gastropatia o nefropatia nel caso dei FANS) e di una forma cronica di mal di testa correlata all’abuso di analgesici».
Quindi la cefalea si cura solo con i farmaci?
«Assolutamente no. Nonostante le terapie farmacologiche siano quelle con una maggiore evidenza scientifica di efficacia, è ormai accettato dalla comunità scientifica che possano essere valutate forme alternative di trattamento. È spesso molto utile un approccio multidisciplinare, con l’ausilio di un’equipe di professionisti esperti in cefalea, per l’utilizzo di tecniche combinate quali: l’agopuntura, la fisioterapia, la valutazione di tipo posturale atte a ricercare e curare eventuali problematiche dell’apparato muscolo-scheletrico e dell’ATM che possano interferire, se non corrette, con l’andamento clinico della cefalea. Si può prendere inoltre in considerazione l’utilizzo di nutraceutici, di diete specifiche e di tecniche di neurostimolazione dei nervi pericranici. Nelle forme croniche, gravate da una maggiore disabilità e riduzione della qualità di vita, è spesso molto utile valutare l’eventuale integrazione con una terapia psicologica mirata».
A te l'onere del primo commento..