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scuola
Interviste

Scuola: gli studenti interrogano il prof Schettini de “La Fisica Che Ci Piace”

Sonia Russo
Sonia Russo
Marzo 17, 2025

In questo articolo

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  • A scuola con piacere: il prof Schettini risponde ai dubbi dei ragazzi
  • L'entusiasmo è il sale della vita
  • Avere successo nello studio? Si può!
  • Il voto? Molto più di un numero
  • Le relazioni tra pari
  • I consigli del prof

A scuola con piacere: il prof Schettini risponde ai dubbi dei ragazzi

I capi scout della Branca R/S della zona del Reventino, attenti ai bisogni dei ragazzi dei clan, branca dell’AGESCI che accoglie giovani dai 16 ai 21 anni, hanno rilevato l’esigenza di fugare alcuni dubbi e domande. È nata così l’idea di dialogare con il professor Vincenzo Schettini, il celebre prof di Fisica della Rete, noto per la sua capacità di rendere la fisica accessibile e coinvolgente per tutti attraverso video molto seguiti, pubblicazioni e lezioni-spettacolo in teatro. C’eravamo anche noi e abbiamo documentato la chiacchierata ricca di spunti e consigli per i giovani alle prese con la scuola e l’università.

L'entusiasmo è il sale della vita

È il prof più amato della Rete, apprezzatissimo dai giovani.
È il prof più amato della Rete, apprezzatissimo dai giovani.

Prof, lei realizza video molto cliccati, ha pubblicato due libri, si esibisce in teatro con delle lezioni-show e Rai ha puntato su di lei affidandole il programma La Fisica dell’Amore. Perché, cos’ha lei che altri prof non hanno?
«Non credo che sia una questione di avere qualcosa in più rispetto agli altri. Penso che si tratti di un immediato e istintivo entusiasmo che ho nel fare le cose che mi piacciono. Viviamo in un mondo complicato in cui gli entusiasti sono pochi, e invece è fondamentale questo approccio. Quando qualcuno si entusiasma, ti coinvolge, ti trascina. Probabilmente questo è stato colto in me da chi mi ha dato la possibilità di portare l’insegnamento fuori dalla scuola. Non ha a che fare, quindi, con una caratteristica che ho in quanto professore, ma con una qualità che mi appartiene sul lato umano».

Ma, secondo lei, quali sono le caratteristiche che definiscono un buon professore oggi?
«Oggi un professore funziona se è chiaro. In passato potevi anche permetterti di essere criptico, ma ora non più. Noi studenti degli anni ’80 non avevamo stimoli esterni oltre al libro di testo. Adesso ce ne sono talmente tanti che devi essere chiaro per essere attrattivo. Poi devi essere capace di agganciare la realtà. Prima ci si poteva permettere di rimanere ancorati ai principi spiegati sul libro, mentre ora, per coinvolgere gli studenti, devi dare loro un collegamento con la quotidianità che vivono. Infine, ma non per ordine di importanza, occorre, appunto, essere entusiasti: fare lezione in maniera allegra, con il sorriso sulle labbra, anche quando non hai voglia di sorridere. Quando sai che hai di fronte delle meravigliose creature che pendono dalle tue labbra, quella componente di felicità fa la differenza».

Come ci si assicura che ogni studente si senta ascoltato e compreso, soprattutto quelli che potrebbero sentirsi emarginati o confusi?
«Ascoltandoli, chiedendo loro come stanno, se si sentono integrati in quello che stanno facendo. Non significa essere psicologi. Lo psicologo è lo psicologo, l’insegnante è l’insegnante. Ma l’insegnante è un educatore: quando nei miei video parlo di ansia, solitudine, aspettative, determinazione, alcune persone, fortunatamente poche, mi dicono di limitarmi a parlare di fisica perché questo non è il mio campo. Lo trovo brutto, perché noi siamo educatori prima di tutto. Un educatore è chi sa ascoltare e prende la situazione in mano davanti ai suoi studenti, motivandoli. Anche lo studente meno motivato va ascoltato».

I suoi colleghi lo fanno?
«Alcuni sì, altri no. Ci sono professori particolarmente dotati nel connettersi con gli studenti, altri meno. Auspicherei un corpo docente capace di farlo, ma non siamo tutti uguali, non possiamo farci nulla».

Avere successo nello studio? Si può!

È riuscito a rendere la scuola attraente e coinvolgente grazie al suo entusiasmo e alla sua capacità di agganciare la realtà - ph. Michele Piscitelli
È riuscito a rendere la scuola attraente e coinvolgente grazie al suo entusiasmo e alla sua capacità di agganciare la realtà - ph. Michele Piscitelli

In che modo la scuola può favorire l’impegno individuale degli studenti al fine di una buona riuscita nello studio?
«La scuola deve essere più utile, trasmettendo concretezza ai ragazzi. E per farlo, come dicevamo prima, occorre agganciarsi alla realtà. Se io spiego le forze, posso mostrargli fattivamente come quella forza viene usata in una fabbrica in cui si costruiscono porte. Lo stimolo, così, non è limitato al capitolo da studiare ma ha uno stile di prospettiva, di futuro, di idee».

E qual è l’approccio giusto per uno studente che vuole davvero imparare, ma che si sente sopraffatto dal sistema scolastico?
«Bisogna entrare nell’ottica che occorre essere pazienti. Spesso noto un’irrequietezza, il voler arrivare a un risultato immediatamente. Lo studio non è come lo smartphone, dove basta cliccare o scrollare per avere una soddisfazione repentina. Lo studio è sacrificio, tempo, pazienza. Lo studente deve porsi con l’atteggiamento di costruire e accettare che, per arrivare al successo, bisogna allenarsi».

Cos’altro?
«Una cosa che noto è che i ragazzi sono quasi terrorizzati dal prendere un 4, come se prendere un’insufficienza non sia una cosa che capita a tutti nella vita. Io ho 48 anni, eppure ogni tanto prendo 4. E mi dico: Vincenzo, puoi migliorare, puoi migliorare sempre».

Il voto? Molto più di un numero

L'amore è l'ingrediente principale per una buona riuscita: entusiasmo, apertura al dialogo e relazioni tra pari e con il prof sono alla base della "buona scuola".
L'amore è l'ingrediente principale per una buona riuscita: entusiasmo, apertura al dialogo e relazioni tra pari e con il prof sono alla base della "buona scuola".

Del resto, sembra che il voto sia l’unico parametro di giudizio, ma i ragazzi faticano a sentirsi “numeri”. Crede che ci siano altre forme di valutazione che potrebbero essere più efficaci per stimolare la crescita degli studenti?
«Io ritengo che un prof che mette un voto e lo giustifica, è un professore che arriva. Ricordo che una volta ho messo 4 e mezzo a un ragazzo. L’ausiliario gli chiese se ci fosse rimasto male e lui rispose: “No, perché il professore mi ha spiegato cosa significa quel 4 e dove mi devo impegnare di più”. Anche se il voto, così sterile e matematico, sembra brutto, se un docente lo spiega, allora si capisce che dietro quel numero c’è un mondo. Poi se mi chiede se è possibile ipotizzare una valutazione più efficace secondo altri parametri, be’, sì, probabilmente si potrebbe pensare a qualche strumento in futuro per integrare lo sterile 4».

Sono pochi i professori che, quando mettono 4, spiegano il perché…
«Il ragazzo deve interessarsi di capire perché ha preso quel voto, chiedendo il perché. E il professore deve spiegare cosa c’è dietro quel numero. Se il professore si rifiuta di dare una motivazione chiara ed efficace, be’, non va bene».

Molti ragazzi soffrono di ansia quando si tratta di parlare davanti alla classe o ai professori. Che consigli darebbe loro per superare questa difficoltà?
«È difficile dirlo, perché ogni ragazzo è diverso. Credo che questa ansia derivi anche dall’uso predominante dello smartphone, che riduce le occasioni di comunicazione diretta».

Le relazioni tra pari

Il docente pugliese diventato famoso sui social con il suo canale “La fisica che ci piace” ha conquistato anche il grande pubblico con “La fisica dell’amore”, il programma di Rai 2 per spiegare l’amore.
Il docente pugliese diventato famoso sui social con il suo canale “La fisica che ci piace” ha conquistato anche il grande pubblico con “La fisica dell’amore”, il programma di Rai 2 per spiegare l’amore.

Qual è, secondo lei, il ruolo delle relazioni tra i ragazzi nel processo di apprendimento? Crede che la collaborazione tra compagni di classe possa realmente migliorare i risultati scolastici?
«Ai miei tempi le relazioni valevano tantissimo: si andava a casa del compagno per studiare, all’università si preparavano insieme gli esami. Io la ritengo importantissima perché ci abitua anche a capire come il mondo ci vede. Ognuno di noi guarda se stesso in un certo modo, ma gli altri ci percepiscono diversamente. Se ti abitui a questa cosa già da ragazzo, migliori anche le relazioni e impari a crescere».

Non mancano casi di bullismo o dinamiche di esclusione nelle scuole: cosa può fare un professore per contrastare questi comportamenti?
«Parlare con i ragazzi, piuttosto che fare riunioni e consigli di classe inutili. Il disagio si affronta con il dialogo, aiutando i ragazzi a elaborare ciò che vivono. Quando si tratta di casi violenti, però, altro che parlare: bisogna immediatamente agire, denunciare. Affrontare il disagio è fondamentale per aiutare i ragazzi a capire che anche attraverso queste esperienze si cresce e si può diventare più consapevoli».

Molti studenti si sentono persi quando arriva il momento di scegliere un indirizzo o una facoltà. Quali strategie suggerirebbe a un ragazzo per superare l’ansia da scelta?
«Un po’ di confusione è normale, anzi, è sana. Scegliere è complicato, soprattutto a 18 anni. Un professore può essere d’aiuto ascoltando, raccontando le proprie esperienze, mostrando le possibilità e invitando i ragazzi a esplorare, senza l’ossessione di fare subito la scelta perfetta. Ogni percorso può essere corretto in corsa, e non c’è nulla di sbagliato nel cambiare strada».

I consigli del prof

Si può lavorare sull’ansia da interrogazione semplicemente… allenandosi a parlare! Un consiglio potrebbe essere quello di ripetere a voce alta, come se si fosse davanti a una platea. Ci si può esercitare a parlare anche in piccolo gruppo, un po’ alla volta. È però importante accettare che l’ansia è normale: ci sarà sempre, ma si può imparare a gestirla. Quella tensione che si prova prima di un’interrogazione o un esame, se canalizzata, diventa energia positiva.

  1. Rivedete il vostro metodo di studio: dovete studiare venti pagine di storia? Invece di concentrarle tutte il giorno prima dell’interrogazione, suddividete il lavoro in micro-porzioni di studio nei giorni precedenti.
  2. Studiare di notte? Anche no! Meglio studiare di giorno: la notte la mente è più affaticata, si memorizza a fatica e l’indomani ci si sveglia, ovviamente, più stanchi e nervosi. Meglio sfruttare le ore pomeridiane, anche di quei giorni che, notoriamente, non vengono utilizzati per studiare, come il sabato e la domenica.
  3. Preferite le flashcard all’evidenziatore: riportate le parole chiave dell’argomento su post it che vi serviranno come guida per il ripasso.
  4. Fissate degli obiettivi precisi, come ad esempio una scadenza entro cui finire di studiare un determinato capitolo in vista di un esame.
  5. Quando studiate, non pensate da studente, bensì da docente: immaginare di dover spiegare quei concetti a qualcuno, vi farà ripetere le cose in maniera chiara, concisa e completa.
  6. L’ambiente: trovate il posto ideale per studiare, confortevole, accogliente, che favorisca la concentrazione.
  7. Niente distrazioni: silenziate il cellulare, spegnete la televisione, evitate la musica in sottofondo. Se proprio non sapete rinunciare alla musica, create una playlist di musica classica.
  1. Andate in facoltà
    Andate in facoltà, respirate l’aria che tira nel dipartimento, frequentate le aule. Se possibile, confrontatevi con i professori di quel corso di laurea.
  2. Cercate i forum e le chat
    Il feedback su un certo corso di laurea, dal punto di vista tecnico, logistico, pratico e di contenuti potete averlo da chi effettivamente frequenta quella facoltà.
  3. Parlate con le matricole
    Il primo anno è il più duro perché c’è un netto cambiamento rispetto alle scuole superiori: parlare con le matricole può darvi tutta una serie di input che possono diventare spunti di riflessione.
  4. Seguite l’istinto: assecondate le vostre passioni i vostri interessi.

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